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Istituzionali cauti per il 2021, pesa l’incertezza Covid

12/9/2020 | Daniele Riosa

Bottillo (Natixis IM): "Intravvedono anche la possibilità di trovare opportunità di valore attraverso una gestione attiva, un'allocazione ponderata del portafoglio e una corretta diversificazione"


La parola d'ordine per il 2021 è prudenza. Secondo quanto evidenziato dall'indagine pubblicata da Natixis Investment Managers, gli investitori istituzionali globali si stanno avvicinando al 2021 con cautela, nel timore che i mercati abbiano sottovalutato l'impatto a lungo termine della pandemia di Covid-19.

L'indagine, condotta su oltre 500 investitori istituzionali a livello globale, che gestiscono collettivamente più di 13,5 trilioni di dollari in attività per pensioni, assicurazioni, fondi sovrani, fondazioni e dotazioni, ha rivelato una prospettiva mista per la ripresa. Quattro quinti degli intervistati non si aspettano che la crescita del Pil possa tornare al suo ritmo pre-Covid almeno fino al 2022 e di questi, il 35% pensa che potrebbe accadere nel 2023 o anche dopo. Inoltre, quasi otto su dieci ritengono che l'attuale ritmo di crescita del mercato azionario sia insostenibile. Di conseguenza, più della metà (53%) degli investitori istituzionali globali prevede una sovraperformance per i portafogli difensivi nel 2021.

Anche l'incertezza presentata dalla pandemia sta influenzando negativamente le aspettative sui ritorni, con le istituzioni che riferiscono di aver ridotto in media le proprie aspettative a lungo termine di 60 punti base (6,3%) rispetto al 2020. Per gli assicuratori, ancora più sensibili ai bassi rendimenti negativi che prevalgono nel mercato odierno, l'aggiustamento è nettamente inferiore. In media, hanno ridotto le previsioni di 100 punti base (6,5% -5,5%) dal 2020 al 2021, il che è ben lontano dal 7,7% che avevano ipotizzato per il 2017.

Guardando al 2021, le allocazioni per ampie classi di attività rimarranno relativamente invariate nei portafogli istituzionali, con gli investitori che si attendono allocazioni complessive del 36% sulle azioni, del 40% sulle obbligazioni, del 17% sugli alternativi e del 6% sulla liquidità. Gli investitori istituzionali stanno però apportando adeguamenti tattici all'interno delle asset class, con notevoli cambiamenti nelle allocazioni nel 2021, tra cui:

· Un terzo prevede una diminuzione delle allocazioni sulle azioni Usa (32%) e un aumento dell'esposizione su azioni dell’Asia-Pacifico (32%), europee (31%) e dei mercati emergenti (31%).

· Un quinto (19%) prevede una riduzione dell'esposizione sui titoli di Stato e un aumento delle allocazioni sul debito investment grade (30%). La convinzione sui green bond è alta, poiché del 48% degli intervistati che afferma di detenere questa tipologia di titoli, il 47% dichiara che intende aumentarne l’esposizione.

· Ampliare le strategie alternative, con quasi la metà (47%) che prevede di aumentare le allocazioni al debito privato, mentre quattro su dieci prevedono di aumentare l'esposizione su infrastrutture e il 38% su private equity.

"Con la pandemia, la politica e le economie globali a un punto di svolta, gli investitori istituzionali stanno posizionando i propri portafogli per navigare nel contesto di volatilità a breve termine, anticipando al contempo gli impatti di lungo termine dei massicci interventi economici e di mercato", ha dichiarato Antonio Bottillo, country head ed executive managing director per l’Italia di Natixis Investment Managers.  "La prudenza degli investitori riflette la profonda preoccupazione per le conseguenze durature delle misure estreme necessarie ad attutire lo shock finanziario della pandemia. Essi tuttavia intravvedono anche la possibilità di trovare opportunità di valore attraverso una gestione attiva, un'allocazione ponderata del portafoglio e una corretta diversificazione".

Posizionamento difensivo per i portafogli

Per il prossimo anno, una quota maggiore di investitori istituzionali si aspetta che i titoli value possano sovraperformare i titoli growth (58%) e che le large cap superino le small cap (53%). Poco più della metà (52%) pensa che i mercati emergenti faranno meglio dei mercati sviluppati, anche se la stragrande maggioranza (86%) degli investitori istituzionali concorda sulla necessità di essere più selettivi nel perseguire le opportunità sui mercati emergenti. Nonostante il passo indietro in termini di dimensioni e importanza delle Big Tech, il 66% prevede che nel 2021 il settore otterrà buoni risultati, considerando information technology e healthcare i cavalli vincenti sui mercati per il prossimo anno, mentre energia, immobiliare e finanziari dovrebbero sottoperformare.

Molti istituzionali ritengono che le correzioni si verificheranno sul mercato azionario (44%), sul settore immobiliare (41%), su quello tecnologico (39%) e sui mercati obbligazionari (29%). Per gestire i rischi, più di otto intervistati su dieci (80%) affermano che la diversificazione dei fattori a livello azionario sia un tema importante, mentre il 71% dichiara di essere disposto a sottoperformare i propri competitor per garantire una protezione dai ribassi.

I fattori che più peseranno sull’outlook degli istituzionali nel 2021

L'indagine di Natixis identifica diverse questioni chiave nella mente degli investitori istituzionali che stanno delineando le loro prospettive per l'anno prossimo:

- L’influenza della politica monetaria: La maggior parte degli investitori istituzionali (78%) ritiene che sui mercati la politica monetaria delle Banche centrali conti più dell'esito delle elezioni politiche. Mentre il 78% confida nel sostegno delle Banche centrali nel caso di un'altra grave recessione, molti ritengono che le decisioni politiche, compresi i tagli dei tassi e gli stimoli fiscali forniti dai governi, porteranno a un aumento delle tasse (65%), abbiano incrementato il rischio di una crisi finanziaria (53%) e ridotto la capacità dei governi di rispondere a crisi future (52%).

- Muoversi in un contesto di incertezza politica: L'incertezza politica globale ha sconvolto i mercati nei quattro anni trascorsi dal referendum sulla Brexit e dall’elezione di Trump. Otto istituzionali su dieci concordano sul fatto che l'attuale clima politico suggerisca l'emergere di contendenti con un indirizzo più populista e il 77% immagina un aumento dei disordini sociali. Allo stesso tempo, il 69% si aspetta un'escalation delle tensioni di natura geopolitica.

- Un mondo con più rischi porta a mercati altrettanto rischiosi: nel 2021 i tassi di interesse negativi sono al primo posto tra i possibili rischi di portafoglio (53%) e l'82% degli investitori istituzionali riconosce oggi come i tassi bassi abbiano di fatto distorto le valutazioni di mercato. Più della metà (53%) prevede un aumento del volume dei titoli a rendimento negativo il prossimo anno. Percentuale analoga (52%) quella che individua nella volatilità uno dei principali rischi di portafoglio, soprattutto perché il 65% prevede un aumento della volatilità dei mercati azionari l'anno prossimo e il 55% una maggiore volatilità sul fronte valutario. Sette su dieci (71%) concordano sul fatto che gli investitori istituzionali stiano assumendo una dose di rischio eccessivo nella ricerca di rendimento.

 - Opportunità in un contesto di volatilità: il lato positivo dell'aumento della volatilità è che, in un contesto dominato da questo fattore, il 52% degli investitori istituzionali si aspetta anche per il prossimo anno una maggiore dispersione, o variazione nella performance tra i diversi investimenti, aspetto questo in grado potenzialmente di fornire l'opportunità di sovraperformare i propri benchmark. Il 79% ritiene che il contesto di mercato nel 2021 sarà favorevole alla gestione attiva e il 67% pensa che l'investimento attivo sarà in grado battere gli indici di riferimento.

 - Non ignoriamo l’industria passiva: Il 58% degli investitori istituzionali ritiene che l'uso diffuso di investimenti passivi abbia semplicemente portato il mercato a ignorare i fondamentali. Il 71% teme inoltre che i significativi movimenti (afflussi e deflussi) sui fondi indicizzati non facciano altro che esacerbare la volatilità di mercato e, nella misura in cui tutto ciò è trainato dagli investitori retail, il 63% degli istituzionali non crede che dagli investitori retail possano aggiungere al mercato significativi segnali in termini di prezzo.

- Private equity e private debt, valide alternative in portafoglio: Due terzi degli intervistati (69%) sostiene che in futuro gli asset privati avranno un ruolo più importante nella strategia di portafoglio. Il 44%, tuttavia, individua nel rischio di liquidità una delle principali fonti di preoccupazione e il 61% teme che flussi eccessivi si stiano riversando su un numero limitato di operazioni sui mercati privati. Otto su dieci (80%) ritengono che le attuali condizioni in termini di commissioni siano generalmente troppo elevate e un quarto degli intervistati ne teme anche un aumento. Due quinti (42%) degli investitori istituzionali inoltre stanno anche valutando la possibilità di investire direttamente nelle operazioni sui mercati non quotati per contenere le commissioni.

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