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Italia: family office in crescita, ma la strada è ancora lunga

7/5/2021 | Daniele Riosa

Giacomo Calef (Notz Stucki): “Se nel 2015 se ne contavano 120, uno studio di inizio 2021 ne ha rilevati 178”


Nonostante ne esistano di varia natura, in generale un family office si può identificare come una struttura che fornisce servizi di gestione e consulenza, in ambito finanziario e non, a una o più  famiglie facoltose, un fenomeno che ha visto una crescita significativa a partire dagli anni 2000-2010, sia nel mondo anglosassone e svizzero, dove è più diffuso, ma anche in Italia. Giacomo Calef, country manager di Notz Stucki, ricorda che “se in Italia nel 2015 se ne contavano 120, uno studio di inizio 2021 ne ha rilevati 178”.  

“La maggior parte di servizi di family office – sottolinea il gestore - è offerta in Italia da SIM (società di intermediazione mobiliare) o SCF (società di consulenza finanziaria), tuttavia ci sono fondamentali differenze dal modello anglo-svizzero. In primo luogo, spesso i provider italiani non si pongono come interlocutore unico, con il ruolo di referente per il cliente e coordinatore di tutti i servizi che vengono richiesti. Questo approccio da intermediario unico tra cliente e gestore, tipico svizzero, ha l’obiettivo di semplificare le relazioni per l’individuo, avendo una sola figura di riferimento".

In secondo luogo, "essendo spesso società piccole e di carattere nazionale, risentono dell’assenza di un network internazionale. Grazie a questo network, invece, noi abbiamo la possibilità di selezionare i migliori talenti per asset class e area geografica, offrendo una struttura open architecture, con un focus sulle strategie di investimento hedge nei mercati emergenti e nei paesi asiatici”.

Per l’analista “il vantaggio è che questa esperienza permette al cliente di scegliere una soluzione ancora più personalizzata per i propri bisogni; in un mondo sempre più internazionale, per le famiglie abbienti avere questo tipo di flessibilità rappresenta sicuramente un valore aggiunto. Un’altra discrepanza che è importante menzionare riguarda il concetto di patrimonio e come in Italia spesso non si consideri alla stregua di un unico portafoglio comprendente immobili, investimenti mobiliari e capitale aziendale, come in realtà dovrebbe essere. E già negli ultimi anni le richieste da parte degli investitori sono cambiate; per esempio aumentato il focus verso tematiche sociali e ambientali, portando anche noi, in qualità di gestori, ad includere i principi ESG nel nostro processo di investimento”.

“In generale – conclude Calef - è evidente che la situazione italiana ha ancora ampi margini di crescita; da una parte molto lontana dal raggiungere il modello quasi omnicomprensivo dei family office anglosassoni e svizzeri, che offrono una varietà di servizi non solo di gestione patrimoniale, ma a 360 gradi (si include anche l’educazione dei figli e art management). Dall’altra, la domanda di una gestione olistica del patrimonio sta aumentando anche qui; in particolare, viste le condizioni dei mercati azionari e obbligazionari post-pandemia (caratterizzate da tassi bassi e multipli elevati) sempre più individui e famiglie si stanno affidando a professionisti per proteggere e preservare il loro patrimonio in modo mirato, sfruttando anche strategie alternative”.

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