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08/07/2021
AIFI e Back to Profit presentano le potenzialità del turnaround
di Redazione AdvisorPrivate
Highlights- Lo studio si propone di suggerire alla comunità economico-finanziaria e ai policy maker alcune azioni per sviluppare tale segmento di mercato

AIFI e Back to Profit, nell’incontro dedicato a “Il private capital per il rilancio delle imprese” hanno presentato una ricerca da cui è emerso che 1.700 società industriali, sulla base di specifici parametri, rientrano nel perimetro di potenziali target per interventi dei fondi di turnaround.
In particolare, sono state considerate a fine 2019 aziende con fatturato tra 10 e 300 milioni di euro, EBITDA positivo nell’ultimo triennio, PFN/EBITDA compreso tra 4 e 12 e PFN/PN compreso tra 2 e 5,5. Queste società, attive prevalentemente nei comparti dei beni e servizi industriali (36%) e del manifatturiero (18%), occupano circa 170.000 addetti e complessivamente fatturano 55 miliardi di euro. Il campione analizzato rappresenta peraltro una fotografia prudenziale delle potenziali target per il private capital, poiché i dati sono pre-Covid.
La pandemia, come noto, ha aumentato il numero delle situazioni di difficoltà anche tra le aziende che nel 2019 presentavano un business solido. Dal lato delle banche, che rappresentano la principale fonte di finanziamento per le società italiane, si stima un incremento significativo dello stock di crediti “semideteriorati” (ovvero UTP), compreso tra 20 e 50 miliardi di euro al 2022.
Per interventi di risanamento e rilancio di tali aziende in difficoltà è necessario sviluppare, all’interno del mercato del private capital, un segmento del turnaround attualmente di dimensioni marginali (meno di 10 operazioni e circa 100 milioni di euro investiti ogni anno). Lo studio si propone di suggerire alla comunità economico-finanziaria e ai policy maker alcune azioni per sviluppare tale segmento di mercato, e ha messo a confronto, con una indagine sul campo, i modelli di intervento dei diversi operatori attivi in questo comparto.
Tra i principali, quello dei fondi comuni di ristrutturazione a doppio comparto (crediti UTP e nuova finanza), il FIA+SPV (modello che beneficia di una maggiore liquidità ricorrendo alla cartolarizzazione dei crediti), le Management Platform (partnership tra fondi internazionali e società di management detentrici, oltre che di competenze finanziarie, anche industriali), ma anche Assuntori (che agiscono in contesti di concordato preventivo o fallimentare, in stretta partnership con partner industriali). Accanto agli operatori privati vi sono poi le finanziarie regionali che, con peculiarità di intervento specifiche correlate alla loro presenza sul territorio, hanno messo in atto programmi di supporto alle aziende in difficoltà.
Questi differenti modelli hanno come “originator” del credito semideteriorato sia le banche, che sempre di più hanno la necessità di liberarsi di masse importanti di crediti UTP, sia i tribunali, pressati anch’essi dalla necessità di accelerare la gestione delle tempistiche delle procedure e facilitare l’immissione di nuova finanza. I modelli esaminati di turnaround investing attingono fondamentalmente al credito deteriorato che origina da banche e tribunali. Ma accanto a questi vi sono anche fondi di private equity che si sono focalizzati sul turnaround e di questi se ne fa cenno.
“Per rilanciare le imprese in crisi serve investire nella crescita del private capital attraverso un fondo di fondi istituzionale che faccia da volano e permetta la moltiplicazione degli operatori dedicati a questo comparto”. – dichiara Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI – “Il Patrimonio Rilancio potrebbe essere la leva per aumentare la quota di risparmio investita in aziende del nostro Paese e promuovere l’interesse della clientela private verso i fondi di private capital”.
“I modelli di intervento del private capital mostrano capacità di sviluppo di soluzioni ad hoc, in un contesto tuttavia migliorabile sia dal lato banche, come lato tribunali. Ma occorre aumentare il numero delle operazioni di ristrutturazione di successo con una ‘chiamata alle armi’ di professionalità adatte a questo non banale mestiere” – afferma Dario Inti, managing director Back to Profit – “è necessario pertanto un massivo coinvolgimento di professionisti e manager con la loro aggregazione in fondi che li vedano, quali imprenditori, nel ruolo di investitori nelle aziende target da risanare e rilanciare… e l’incentivo viene dal soggetto pubblico”.
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