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Investitori privati al centro della decarbonizzazione

4/8/2022 | Redazione Private

I loro capitali sono fondamentali per supportare le start-up e le aziende in fase di crescita coinvolte nello sviluppo di tecnologie innovative


Di cosa parliamo quando parliamo di transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio? Di una sfida non più rimandabile, che può essere affrontata investendo in tecnologie in grado di ridurre la carbon footprint globale per arrivare al Net Zero, il punto in cui le emissioni globali di gas serra nell’atmosfera saranno bilanciate da quelle rimosse.

Traguardo necessario per realizzare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ossia limitare il riscaldamento della terra a 1,5°C entro il 2050. Per farlo, secondo l’IEA nei prossimi dieci anni saranno necessari fino a 21 trilioni di dollari di nuovi investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio, sia mature che emergenti. Almeno il 10% di questa cifra dovrà provenire da investitori privati quali venture capitalist (VC), società di private equity (PE), aziende con divisioni per il capitale di rischio (CVA) e istituzioni finanziarie.

I capitali degli investitori privati, infatti, sono fondamentali per supportare le start-up e le aziende in fase di crescita coinvolte nello sviluppo di tecnologie innovative. Un’analisi del Center for Growth and Innovation Analytics di BCG dal titolo “Private Investors Must Commit as Much as Eight Times More to the Low-Carbon Economy”, effettuata su dati NetBase Quid, che ha preso in considerazione sia collocamenti privati che finanziamenti non-debt o garantiti da azioni, ha stimato che dal 2016 al 2021 gli investitori privati hanno contribuito con quasi 160 miliardi di dollari di capitale, con un aumento costante ogni anno. Ma non è abbastanza per gli obiettivi climatici prefissati, per i quali bisognerebbe arrivare a 470 miliardi di dollari entro il 2030 e quindi investire un importo otto volte maggiore di quello del 2021.

“Nei prossimi dieci anni, la transizione verso un’economia a impatto zero richiederà una forte accelerazione nella corsa agli investimenti privati in tecnologie a basse emissioni di carbonio. Per raggiungere gli obiettivi climatici prefissati, però, non sarà sufficiente aumentare il volume del capitale investito. Il raggiungimento di questi obiettivi richiederà anche un reindirizzamento degli attuali investimenti in tecnologie più mature verso una nuova combinazione di tecnologie, sia mature che emergenti.” spiega Elisa Crotti (in foto), managing director e partner di Boston Consulting Group

IEA: DALLE TECNOLOGIE LOW-CARBON EMERGENTI DIPENDE PIÙ DI UN TERZO DELLE RIDUZIONI DEI GAS SERRA - L’attuale ecosistema di tecnologie a basse emissioni di carbonio ne comprende 13, classificate in base al livello di maturità. Le tecnologie mature sono quelle già presenti sul mercato in misura significativa (veicoli elettrici, stoccaggio di energia, biocarburanti, energia solare, eolica e nucleare) mentre quelle emergenti sono ancora in fase sperimentale. Eppure, secondo l'International Energy Agency, è da loro che dipende più di un terzo delle riduzioni dei gas serra.

Possono essere riassunte in:
· Idrogeno, che ha un grande potenziale per ridurre le emissioni se usato come combustibile per i trasporti e/o per i processi industriali.
· Cattura e stoccaggio del carbonio (CCUS).
· Monitoraggio del clima.
· Tecnologie bimodali, ossia tecnologie mature che però continuano a essere innovate, per esempio i biocarburanti a base di metanolo, ammoniaca e cherosene per l’industria aeronautica e navale. Oltre il 90% degli investimenti si è quindi rivolto esclusivamente a tecnologie mature.

CHI INVESTE IN TECNLOGIE LOW-CARBON EMERGENTI - Seppur lentamente, il capitale destinato alle tecnologie emergenti sta crescendo, soprattutto grazie a VC e PE, ai quali si devono quasi i due terzi degli investimenti privati complessivi, mentre le CVA e le istituzioni finanziarie rappresentano, rispettivamente, meno del 30 e del 10%. Ma i dati suggeriscono che anche le CVA stanno iniziando a diversificare i loro investimenti in tecnologie innovative in vari settori chiave, da quello automobilistico all’elettronico, fino al petrolio e al gas: si pensi a Total, che l’anno scorso ha investito nel produttore di autocarri pesanti a idrogeno Hyzon Motors, o a Siemens Energy, che ha contribuito a finanziare Liquid Wind, società svedese che ha sviluppato una tecnologia per combinare CO2 e idrogeno verde per produrre E-metanolo. Trend che fanno ben sperare per i prossimi anni.

LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEGLI INVESTIMENTI - In merito alla distribuzione geografica, dal 2016 gli investitori dell’Asia-Pacifico hanno contribuito con quasi la metà del totale degli investimenti: si tratta in larga parte di CVA che finanziano società elettriche ed elettroniche. Seguono gli investitori del Nord America (circa un terzo), per lo più VC, PE e aziende tecnologiche che investono in veicoli elettrici. Al terzo posto si piazza l’Europa (meno di un quinto degli investimenti totali), dove VC e PE si concentrano su stoccaggio di energia e veicoli elettrici, mentre le CVA dominano negli investimenti automotive. Sebbene le società nordamericane ed europee stiano rapidamente aumentando il loro impegno, nessuna regione sta investendo abbastanza, soprattutto a supporto delle tecnologie emergenti.

CROTTI, BCG: COSTRUIRE UN PORTAFOGLIO DI INVESTIMENTI DIVERSIFICATO - “Investire in tecnologie low-carbon – aggiunge Crotti - è sfidante e comporta una valutazione dei rischi, ma un approccio strategico agli investimenti potrà permettere agli investitori di cogliere innumerevoli opportunità di business. Per trarre il maggiore valore dagli investimenti, gli investitori potranno costruire un portafoglio di investimenti diversificato. Questo consentirà di distribuire il rischio su varie tecnologie, massimizzando al contempo i rendimenti degli investimenti".

L’analisi di BCG suggerisce alcune strategie da adottare per superare l’incertezza, ad esempio concentrarsi sull’intero ecosistema delle tecnologie low carbon e non su un insieme limitato di soluzioni. Del resto, ogni tecnologia ha i propri tempi di realizzazione sia tecnici che economici: costruire un portafoglio di investimenti in tecnologie diverse e complementari - mature e non e quindi più o meno rischiose - utilizzando inoltre una varietà di veicoli di investimento, consente di distribuire il rischio e di massimizzare i rendimenti.

Rischio è una parola chiave: saper considerare e correre rischi è parte integrante della strategia, così come prepararsi al potenziale fallimento di alcuni investimenti. Un altro tassello importante è la collaborazione con altri investitori, anche concorrenti, per accelerare lo sviluppo e la commercializzazione delle nuove tecnologie.

È il caso del gruppo Maersk, che ha creato il Mærsk Mc-Kinney Møller Center for Zero Carbon Shipping unendo le forze con aziende come Cargill, Mitsubishi Heavy Industries, Siemens Energy e BP: sono stati impiegati circa 1,2 miliardi di dollari per finanziare la ricerca sulla decarbonizzazione del settore marittimo. Molte conseguenze del riscaldamento globale sono già evidenti, ma non è troppo tardi per mitigarne gli effetti peggiori: ora più che mai è tempo di investire nell’innovazione.

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