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Le banche centrali sono finite in un vicolo cieco

2/4/2016

Per Nicolas Forest, global head of fixed income di Candriam Investors, Fed e Bce stanno commettendo errori, ma d'altra parte non hanno scelta di fronte alla volatilità che scuote i mercati


A dicembre, dopo 7 anni di politica eccezionalmente espansiva, la Fed ha timidamente rivisto al rialzo i suoi tassi ufficiali di 25 punti, dopo averlo annunciato ben un anno fa. Dopo un mese, le previsioni di rialzo dei tassi sono sfumate. Le borse hanno ceduto il 10% e resiste soltanto l’anticipazione dei mercati di un aumento di 25 punti base, nel dicembre 2016, dei Future sui Fed Funds.

"Eppure, in un arco storico di oltre 30 anni, la Fed è intervenuta solamente una volta per aumentare i tassi durante una fase di contrazione. Se i mercati avessero ragione, vivremmo una situazione inedita che farebbe pensare a un errore della Fed, nell’aumentare i tassi, e a un rischio di rallentamento dell’economia USA superiore al previsto" sottolinea Nicolas Forest, global head of fixed income di Candriam Investors.

In Europa, la conferenza stampa di dicembre 2015 di Mario Draghi ha lasciato l’amaro in bocca a più di un investitore: "Mentre molti si aspettavano un’intensificazione del ritmo di acquisti di titoli – aggiunge Forest - e una forte diminuzione del suo tasso sui depositi, la BCE ha contenuto al minimo gli interventi, come se i falchi avessero recuperato terreno". Un mese dopo il tono è mutato e il presidente dell’istituto europeo ha lasciato intravedere, in occasione della sua ultima conferenza stampa, misure complementari a marzo dopo la revisione delle stime di crescita e inflazione. Le ragioni addotte? Il calo più marcato dell’inflazione e delle stime inflazionistiche.

"Ma chi muove l’inflazione primaria? Il tasso d’inflazione europeo, principalmente legato al prezzo delle materie prime, non risalirà con tassi più bassi" sottolinea Forest, che ricorda l’errore della Bce di cinque anni fa. "Com'è stato folle incrementare i tassi nel 2011 sulla scia dell’aumento del petrolio, sarebbe ingenuo abbassarli nel 2016 dopo la flessione dell’oro nero. La vera ragione è un’altra. Mario Draghi non può accettare il calo della borsa europea, pari al 10% da inizio anno, e le tensioni troppo marcate che gravano sugli spread creditizi. In Giappone, Cina o altrove le banche centrali seguono lo stesso percorso" spiega Forest.

Come andrà a finire? Per affrontare il rischio deflazionistico, le banche centrali di tutto il mondo hanno immesso e continueranno a immettere dosi massicce di liquidità. "Negli Stati Uniti il meccanismo si avvia progressivamente verso la sua conclusione e questo dovrebbe spingere le altre banche ad un cambio attraverso nuove politiche espansive. Di fronte alla volatilità che scuote i mercati, Yellen non ha quindi più molta scelta" conclude Forest.

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