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GAM, il settore bancario non è da rottamare

10/24/2016 | Marcella Persola

Il gestore del GAM Star (Lux) - Financials Alpha Fund, Davide Marchesin sottolinea che sono 5 i motivi di sotto-performance del settore


"Il settore bancario continua ad essere sotto i riflettori – ma purtroppo per la ragione sbagliata". E' questa l'opinione di Davide Marchesin, gestore del GAM Star (Lux) - Financials Alpha Fund di GAM, secondo il quale nonostante aAlcuni istituti continuano ad essere “troppo grandi per fallire”, l’intero settore è sottoposto a pressioni derivanti dai bassi tassi e curve dei rendimenti stagnanti.

 

"I numeri sono deprimenti: il settore bancario Europeo (nella rilevazione dell’indice Euro Stoxx Banks) è sceso del 20% negli ultimi 3 anni, mentre il mercato azionario Europeo nel complesso (incluse le banche) è salito di circa il 20% (Stoxx Europe 600 index). Il settore bancario europeo ha segnato una delle peggiori performance settoriali a livello globale. Sarebbe stato meglio aver mantenuto i risparmi su un conto deposito piuttosto che investirli in titoli degli stessi istituti" afferma il gestore.

In particolare ci sono 5 ragioni fondamentali di questa sotto-performance: 1° mancanza di crescita, 2° incremento dei requisiti di capitale, 3° bassi tassi, 4° elevati accantonamenti su crediti e 5° elevato volume di NPL nei bilanci.

 

"Le banche Europee hanno avuto notevoli difficoltà ad espandere il proprio portafoglio crediti. A metà del 2016, i prestiti erano poco sopra il livello registrato alla fine del 2011. Alla base di una tale crescita anemica vi sono una domanda fiacca nell’Eurozona e la necessità delle banche europee di ridurre la leva finanziaria sulla base della regolamentazione introdotta da Basilea III. Il risultato è stato che tra il 2011 e giugno 2016 il patrimonio al netto degli attivi immateriali delle banche europee è aumentato di oltre il 30% e il rapporto tra patrimonio e prestiti è migliorato di circa il 7% nel 2011 al 9,5% attuale. Da un lato questo ha portato ad una maggior solidità del capitale del settore bancario, dall’altro, ha incrementato la pressione sulla redditività. Nel 2015 il ROTE è stato di circa il 6% mentre era superiore al 20% nel periodo compreso tra il 2006 e 2007" spiega il gestore.

 

Ora però le banche sono più sicure. "A nostro avviso non vedremo nel breve periodo nessun miglioramento nella redditività. Tuttavia, prevediamo una riduzione del gap tra il rendimento del capitale impiegato e l’equity risk premium a causa della riduzione del costo azionario. Grazie all’incremento dei requisiti di capitale e l’introduzione di restrizioni sulle attività (es. attività di compravendita titoli in proprio), l’industria bancaria è oggi molto meno rischiosa rispetto al passato. I mercati finanziari non apprezzano ancora questo miglioramento. Il prossimo bear market avverrà quando le banche dovranno mostrare la loro solidità di capitale e allora potremmo iniziare a vedere un re-rating strutturale delle valutazioni azionarie" continua Marchesin.

 

Quanto detto per le banche europee è ancor più vero per quelle italiane. "Molte di queste hanno performato notevolmente peggio rispetto alle omologhe europee. Per esempio le azioni di UniCredit sono calate di oltre il 50% in tre anni. Per il settore bancario italiano nel suo complesso a metà del 2016 i prestiti erano inferiori del 12% rispetto al livello registrato alla fine del 2011. Nel periodo tra il 2011 e il giugno 2016 il patrimonio al netto degli attivi immateriali è cresciuto del 25% e il rapporto fra patrimonio netto e prestiti è migliorato da circa il 6.5% nel 2011 all’attuale 9%. Questo porta la posizione del capitale delle banche italiane a poter essere paragonata con quelle europee, ma il miglioramento è stato raggiunto a costo di una maggior riduzione dei prestiti. Inoltre le banche italiane nel 2015 hanno messo a bilancio in media circa 100 punti base di accantonamenti sui prestiti che erano superiori di 70 bps rispetto alla media registrata nell’eurozona" sottolinea il gestore.

 

Per Marchesin le banche Italiane sono in grande difficoltà. "A metà del 2016, i NPL contano per il 7% dei prestiti totali del settore bancario europeo. Per le banche italiane lo scenario è leggermente peggiore: tra la fine del 2011 e metà 2016 la quota di NPL è cresciuta di circa il 40% e ora pesa per il 20% dei prestiti. La via che le banche europee devono percorrere per trovare una soluzione ai prestiti problematici non è chiara e il mercato sta scontando tale incertezza". In tali condizioni sono tre gli scenari prevedibili secondo Marchesin. "Il primo è lo status quo: le banche tengono i NPL nei loro bilanci e li svalutano nell’arco di un lungo periodo. Crediamo che sia questo lo scenario più probabile ed anche quello atteso dal mercato. Il secondo, e anche miglior scenario sarebbe la creazione di una Bad Bank che acquisti i titoli tossici. Sfortunatamente crediamo che questo non sia realistico al momento poiché non ci sono accordi politici sul tema a livello europeo. La terza soluzione, che rappresenta anche il peggior scenario, sarebbe una completa pulizia dei libri contabili delle banche più deboli attraverso una profonda svalutazione dei crediti problematici, bruciando il capitale di azionisti ed obbligazionisti attraverso l’utilizzo del bail-in. Il processo causerebbe maggior disturbo poiché congelerebbe una larga parte dei mercati finanziari e innescherebbe un brusco allargamento degli spread sul credito. Prima di escludere tale eventualità è importante osservare come verranno risolte le situazioni più critiche, come MPS" conclude.

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