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Brexit o non Brexit: rischi e opportunità per banche e gestori

6/14/2016 | Massimo Morici

Se i britannici decidessero di uscire, le Borse europee potrebbero scendere del 15% nel brevissimo termine. Ma quale sarà l'impatto sull'Eurozona?


Quali potrebbero essere i possibili impatti sui mercati della Brexit? A brevissimo termine, secondo BofA Merrill Lynch, potrebbe produrre un calo del 15% sui mercati azionari europei (UK incluso), un indebolimento del 10% della sterlina nei confronti del dollaro e un allargamento di 50 punti base degli spread dei titoli obbligazionari britannici. Di misura diversa ma dello stesso segno le variazioni attese a sei mesi dalla banca d’affari americana. Il "Sì" al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Ue viceversa avrebbe un impatto positivo sia sulle azioni (+6%), sia sugli spread dei titoli corporate (-20 punti base), sia sulla sterlina (leggero rafforzamento contro dollaro). 

Per ora è testa a testa tra i favorevoli e gli indipendentisti: l'ultimo sondaggio pubblicato dal sito online del Guardian ieri pomeriggio attribuisce un netto vantaggio al fronte del "Leave" per il referendum del 23 giugno. Coloro che vogliono uscire dall'Unione europea sono, secondo la ricerca Icm, il 53% della popolazione, contro il 47% di coloro che vogliono restare. Due settimane fa il rapporto era 52%-48%. Dieci giorni fa (3 giugno), la media dei sondaggi calcolata da Bloomberg indicava i favorevoli alla permanenza nell’UE al 47% e i contrari al 44%, con un 9% di indecisi. Le previsioni delle case di ricerca sono in ogni caso più spostate verso il “Sì” (restare nella UE): Bloomberg, Société Generale, Morgan Stanley e Citigroup assegnano all’uscita una probabilità rispettivamente del 45%, 35% e 30-40%.

Gli analisti di Anima SGR, fanno notare che nei sondaggi generali lo scarto non è abbastanza ampio da escludere una vittoria del "No" e che "i livelli odierni dei mercati finanziari non riflettono i rischi di un’uscita del Regno Unito: sia il FTSE100 sia l’Euro Stoxx 50 sono intorno ai livelli del 20 febbraio, il giorno dell’annuncio del Referendum, mentre la sterlina si è solo temporaneamente indebolita". Gli investitori si trovano comunque di fronte a uno scomodo scenario binario. Accanto a una possibile Brexit, per Anima sussistono comunque elementi che potrebbero favorire un rialzo dei mercati, a partire da un possibile e ulteriore restringimento degli spread, che a sua volta potrebbe innescare una rinnovata ricerca di extra rendimento, riportando ulteriori flussi sull’high yield e sul mercato azionario.

Per BMO Global Asset Management, asset manager canadese, Brexit è uno spauracchio da non sopravvalutare. “Rappresenta certamente una fonte di incertezza che va ad aggiungersi a valutazioni di mercato non del tutto convincenti. Da un punto di vista macroeconomico, sebbene la crescita degli utili sia la più bassa dei principali mercati azionari, a livello generale la capacità produttiva dell’economia britannica denota una situazione in miglioramento” si legge in un commento a cura del team multi-asset.

Gli esperti di Edmond de Rothschild AM invece lanciano l’allarme sulle possibili ripercussioni politiche sull’Eurozona. “Al picco della crisi del debito europeo, eravamo convinti che l’euro sarebbe sopravvissuto perché rappresenta un progetto politico. Il rischio che un partito eurofobico prenda il potere nei paesi dell’Ue continuerà a essere una fonte di volatilità nei prossimi anni. Un voto per restare potrebbe essere un segnale che le forze centrifughe non sono così forti come sembrano. E potrebbe anche spingere in alto il progetto dell’Unione europea”.

Secondo Salman Ahmed, chief investment strategist di Lombard Odier Investment Managers, i timori su una possibile Brexit hanno spinto gli investitori a cercare rifugi sicuri mandando i rendimenti del Bund in territorio negativo, grazie anche alle politiche della banche centrali. "La notizia che il rendimento decennale di riferimento in Germania, il Bund, sia sceso sotto lo zero per cento per la prima volta, è un altro forte segnale che ricorda agli investitori la necessità di ripensare l'approccio al fixed income mentre si diffonde la 'nipponizzazione' dell'Europa" spiega Ahmed. 

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