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Perché i "guai" di Trump fanno bene al debito emergente

8/10/2017 | John Peta*

Quando Donald Trump ha assunto la presidenza degli Stati Uniti, l’agenda politica rappresentava una minaccia importante per l’asset class...


Mentre gli alleati e gli avversari degli Stati Uniti osservano con emozioni contrastanti il dramma che si sta svolgendo alla Casa Bianca, la reazione degli investitori del debito dei Mercati Emergenti è stata più definita: un sollievo ricco di gioia. Quando Donald Trump ha assunto la presidenza degli Stati Uniti, l’agenda politica su cui aveva basato la sua campagna elettorale rappresentava una minaccia importante per l’asset class.

Mettendo l’America al primo posto, la nuova amministrazione avrebbe adottato una posizione più protezionista che avrebbe potuto danneggiare quei Paesi Emergenti con cui gli Stati Uniti avevano un deficit commerciale, in particolare il Messico. Aumentando la spesa per infrastrutture e tagliando le tasse, l’amministrazione avrebbe potuto accelerare la crescita economica domestica, spronando la Fed ad aumentare i tassi ad un ritmo veloce, alimentando ulteriormente la forza del dollaro e aumentando il costo del capitale a livello globale.

Di tutto ciò, molto poco si è avverato. Distratto da varie inchieste sui contatti tra lo staff della sua campagna elettorale e la Russia, e danneggiato da una Casa Bianca disfunzionale e dalle crescenti tensioni nelle relazioni con il Congresso e il sistema giudiziario, Trump non è riuscito a raggiungere nessun obiettivo legislativo nei suoi primi sei mesi al potere. 

L’incapacità del Congresso a guida repubblicana di abrogare e sostituire l’Affordable Care Act, noto come Obamacare, ha reso sempre più improbabile l’approvazione di una riforma fiscale rivoluzionaria. Allo stesso tempo, le parole forti usate per parlare dell’uscita da alcuni patti, come il NAFTA, si sono ammorbidite: ora la rinegoziazione è la strada più probabile.

Sebbene i dati economici di sentiment, basati sui sondaggi sulle imprese, siano migliorati molto a seguito dell’elezione presidenziale, dato che le aziende anticipavano un’ondata di misure di supporto e una crescita economica più forte, i dati concreti non hanno confermato questo miglioramento: i dati su Pil e inflazione sono risultati inferiori alle attese. In risposta, gli investitori hanno rivisto al ribasso le previsioni sui tassi della Fed, che secondo le attuali aspettative dovrebbe attuare una politica restrittiva a un ritmo più lento rispetto a quello ritenuto probabile a inizio anno. La stessa Banca Centrale ha chiarito più volte di non avere fretta di aumentare i tassi, sebbene stia riducendo gradualmente il suo bilancio da 4.500 miliardi di dollari.

In questo contesto, non stupisce che il dollaro, il cui valore riflette in parte il sentiment nei confronti dell’economia Usa, abbia cancellato tutti i guadagni registrati dopo le elezioni: l’indice del dollaro statunitense è ora vicino a livelli visti l’ultima volta a inizio 2015. Il debito dei Mercati Emergenti ha beneficiato di questo contesto, in cui gli Stati Uniti stanno attraversando una crescita né troppo forte né troppo debole, e l’amministrazione Trump sta incontrando diversi ostacoli nel portare avanti le politiche commerciali più dannose.

Se questa situazione di stallo dovesse continuare a Washington, riteniamo che le obbligazioni dei Mercati Emergenti guadagneranno ulteriormente nel 2018. Non vediamo motivi per cui, con l’attuale presidente al potere, la Casa Bianca non dovrebbe continuare a fare i conti con crisi autoinflitte, nonostante la nomina di un nuovo Capo dello staff. Inoltre, mentre gli Stati Uniti abbandonano il loro vecchio ruolo di leader globale, altre economie sviluppate stanno cercando di riempire questo vuoto.

Il Giappone sta tentando di ridare vigore alla Trans Pacific Partnership, senza gli Stati Uniti, mentre leader come il francese Emmanuel Macron, la tedesca Angela Merkel e il canadese Justin Trudeau stanno ribadendo i valori liberali condivisi su cui si basa l’economia mondiale. Tale azione indica che la crescita globale potrebbe restare sulla strada giusta. Sicuramente, nel caso in cui i “guai” di Trump si dovessero intensificare (la ex star dei reality fronteggia un rischio non trascurabile di impeachment), il mercato azionario potrebbe barcollare, danneggiando altri asset rischiosi come i bond dei Mercati Emergenti.

Tuttavia non è così ovvio che l’economia mondiale soffrirebbe in un contesto simile: le prove derivanti da episodi simili avvenuti a Washington in passato sono inconcludenti. Nel frattempo, gli investitori nel debito dei Mercati Emergenti possono godersi il benessere dell’economia globale, protetti dai piani dell’amministrazione Trump grazie alla sua stessa incompetenza.

*Head of Emerging Market Debt di Old Mutual Global Investors

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