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Ricchezza: meno depositi e più bond per gli italiani

2/19/2024 | Marcella Persola

In soli nove mesi, tra azioni, titoli obbligazionari e fondi comuni le famiglie italiane hanno accumulato oltre 144 miliardi in più sotto forma di risparmio. Così evidenzia lo studio di FABI


Più bond e azioni e meno depositi bancari. E’ questa la fotografia del portafoglio degli italiani secondo l'ultima ricerca sulla ricchezza detenuta dalle famiglie italiane che emerge dallo studio condotto da FABI (Federazione Autonomi Bancari Italiani). 

In dettaglio nel 2023 la ricchezza complessiva delle famiglie italiane ha raggiunto il picco di 5.216 miliardi di euro, rispetto a un dato di fine 2022 pari a 5.138 miliardi di euro. In meno di un anno, sono quasi 80 i miliardi complessivamente accumulati, pari a un incremento dell’1,51%, ma che attesta un cambio di tendenza nelle scelte finanziarie. 

Nel 2023, in particolare, la quota di risparmio detenuta sotto forma di depositi e conti correnti, passati dai 1.633 miliardi di fine 2022 ai 1.572 miliardi di settembre scorso, con circa 61 miliardi in meno, equivale ad una riduzione complessiva del 3,73%. In soli nove mesi, tra azioni, titoli obbligazionari e fondi comuni le famiglie italiane hanno accumulato oltre 144 miliardi in più sotto forma di risparmio, con una crescita che si aggira – rispetto al 2022 – a poco meno del 45% circa per i titoli obbligazionari, all’1,69% per i fondi comuni e all’1,35% per il comparto azionario.

In dettaglio in quasi nove mesi, sono i titoli obbligazionari a vincere il primato della crescita con un aumento del 44,3%, pari a 115,2 miliardi aggiuntivi in valore assoluto: il totale degli investimenti in obbligazioni riesce a raggiunge lo stock di 375,2 miliardi nel 2023, rispetto ai 260 miliardi di dicembre 2022. Sempre a settembre 2023, le famiglie possiedono titoli a breve termine per un valore di 27,8 miliardi mentre è pari a ben 347,4 miliardi la fetta di risparmio investita in titoli a medio-lungo termine, con una propensione marcata verso le più lunghe scadenze rispetto all’anno precedente. 

Anche sul fronte equity si muove qualcosa. La fotografia completa dei risparmi mostra un saldo più ricco anche per gli investimenti in titoli azionari, soprattutto l’ultima parte del 2023, ha infatti comportato un aumento della ricchezza finanziaria allocata in azioni di ben 20 miliardi in termini di volumi. 

Le famiglie registrano infine una partecipazione ai fondi comuni di investimento approssimata al 12,9%, con un valore complessivo che passa dai 663,9 miliardi a fine 2022 ai 675,2 miliardi nei primi nove mesi del 2023. La necessità di limitare l’erosione del valore dei propri risparmi, unito al fabbisogno di mitigare per quanto possibile i rischi legati ad una situazione economica globale ancora incerta mantenendo comunque elevato l’importo complessivo accantonato per le polizze assicurative. Si conferma, anche per il 2023, la scelta di non rinunciare ad allocare una fetta, seppur contenuta, del portafoglio investito nei prodotti assicurativi che si attestano al valore di 1.065,4 miliardi

Su bot e btp, in generale, è probabilmente stata dirottata anche una quota della liquidità che i privati detenevano, per prassi, sui conti correnti (sui quali il tasso d’interesse pagato dagli istituti è in media inferiore all’1%). Nei primi 11 mesi dello scorso anno, dai conti correnti si è registrato un deflusso di circa 150 miliardi, da 1.450 miliardi a 1.300 miliardi. Tale diminuzione è da ascrivere a due fattori: il primo è l’utilizzo delle riserve, soprattutto da parte delle famiglie, ma anche da parte delle imprese, per far fronte da un lato all’aumento dei prezzi e dall’altro all’incremento dei tassi d’interesse sui prestiti, diventati troppo onerosi; il secondo fattore è lo spostamento di una parte della liquidità, su strumenti bancari che assicurano una remunerazione maggiore alla clientela oltre che sui titoli di Stato. Si tratta di una tendenza che verosimilmente proseguirà per tutto il 2024.

Infine cresce la quantità di debito pubblico del nostro Paese in mano ai privati, sia famiglie sia imprese. Negli ultimi due anni, infatti, la quota di bot e btp detenuta dai piccoli risparmiatori e dalle aziende è più che raddoppiata e nel corso del 2023 si è assistito a una vistosa accelerazione: a dicembre 2021, con il debito che aveva toccato i 2.572 miliardi, il mercato retail aveva il 6,4% delle obbligazioni emesse dal Tesoro in circolazione, vale a dire 142 miliardi su 2.234 miliardi complessivi di titoli e 2.678 miliardi di debito totale. A fine 2022, con il debito che aveva toccato i 2.757 miliardi, un primo scatto: la percentuale di titoli statali in mano alle famiglie era salita all’8,7% (199 miliardi su 2.280 miliardi di titoli).

Ma è nei primi 11 mesi dello scorso anno che, tra Btp Italia e Btp Valore, la corsa delle famiglie e delle imprese a comprare debito pubblico si è fatta più insistente: a novembre (ultimo dato disponibile, quando il debito era arrivato a 2.855 miliardi), i privati avevano il 13,5% di bot e btp, cioè 320 miliardi sui 2.378 miliardi totali di emissioni statali.

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