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Arca Previdenza: "gli intermediari finanziari devono giocare questa partita"

6/5/2012 | filippo.brunamonti

A sostenerlo è il vice-direttore generale della società, Simone Bini Smaghi, che sottolinea in quest'intervista esclusiva ad Advisoronline, come per reggersi in equilibrio, il Paese dovrebbe contare almeno 12 milioni di soggetti iscritti a fondi di previdenza. Ne mancano ancora...


 

"Come lavoratori dipendenti, statisticamente, solo un quinto, oggi, possiede una forma di previdenza complementare attivata". Parola di Simone Bini Smaghi, vice direttore generale di Arca SGR. "La previdenza si compone di tanti elementi. E' un tema centrale per ogni paese. La riforma Monti-Fornero ha fatto sì che, per le nuove generazioni, la previdenza complementare risulti indispensabile nel tempo per non trovarsi in situazioni drammatiche. A breve emergeranno tante fasce di popolazione che non hanno provveduto a tutelarsi facendo degli accantonamenti. Le riforme sono cominciate 17 anni fa, e 17 anni vogliono dir tanto per chi non ha provveduto all'esercizio in tempo. Paradossalmente, il mercato continua a muoversi con molta difficoltà". 

 

Il mercato, già. Il mercato si è mosso a sbalzi ma l'ultima spinta è avvenuta con il decreto legislativo n. 252/2005, il famoso decreto Maroni. Da quel momento, l'evoluzione è passata unicamente per i prodotti assicurativi. "Qui c'è una grossa partita che sta giocando chi colloca prodotti assicurativi, fra cui direi che tra i più attivi sorprendentemente son le Poste" commenta Bini Smaghi. "Gli intermediari finanziari devono capire come giocare questa partita".

 

Ad Arca SGR, 10 anni fa, il team è partito con un'offerta di 4 fondi pensione aperti, poi razionalizzati e, alla fine, visti gli andamenti del 2007 con la 252, si è scelto di condensare il tutto in un fondo pensione unico, il più grosso fondo pensione aperto in Italia con 1,4 miliardi di patrimonio e 135.000 iscritti (metà adesioni individuali, metà collettive) al cui interno si è optato per segmentare 3 situazioni distinte: le adesioni su base individuale, con una propria struttura di commissioni, che sono quelle che necessitano di riconoscere uno sforzo commerciale maggiore per andare a prendere l'adesione del singolo (il mercato si muove solo su prodotti che costano tanto, poiché lo sforzo di andare ad intercettare l'aderente necessita di un compenso.); una classe di quote per le adesioni collettive (il nostro fondo pensione si compone di oltre 2.700 aziende, spesso non raggiunte da rappresentanze sindacali, che tutti i mesi contribuiscono per i dipendenti che sono dentro il fondo pensione aperto); la terza classe di quote è quella riservata solo per i dipendenti delle banche (circa 18.000 dipendenti entrati in Arca Previdenza dopo aver chiuso fondi preesistenti). "Molti fondi preesistenti di fatto cercano di confluire in Arca Previdenza. Siamo a tutti gli effetti uno dei più grossi fondi pensione nel settore del credito - aggiunge Bini Smaghi - intendo dire in senso 'trasversale', chiaro che i fondi pensione di San Paolo, di Unicredit o di Intesa sono dei colossi in termini di masse e di iscritti dipendenti".

 

Oggi, per essere al pari con gli altri paesi, dovremmo avere un tasso di penetrazione differente. "Nell'immediato, 5 milioni di lavoratori sono iscritti a fondi di previdenza complementare e il mercato dei lavoratori dipendenti si assesta attorno al 18 milioni di lavoratori . Se si aggiunge il dato dei 5,5 milioni di lavoratori autonomi, arriviamo a 22. Per reggersi in equilibrio, il Paese dovrebbe contare almeno 12 milioni di soggetti iscritti a fondi di previdenza. Ne mancano ancora 7: il mercato deve raddoppiare dagli attuali livelli per essere in equilibrio . Molti potenziali iscritti non lo sanno, non sono a conoscenza del lato previdenziale che li riguarda. Tanti giovani, i più colpiti in assoluto, non se ne occupano, forse perché non si tratta di una procedura obbligatoria. Quando se ne accorgeranno, sarà tardi. Avranno perso 30 anni di accantonamenti".

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