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Un nuovo “Sessantotto”

10/20/2018 | Francesco D'Arco

Quell’industria che nel 1968 nasceva quasi “nell’ombra”, oggi determina i trend del mondo bancario, una crescita che impone a tutti i protagonisti un’assunzione di responsabilità importante.


“Nell’attesa di una disciplina che autorizzi anche in Italia la costituzione di fondi comuni e in presenza di un crescente sforzo di penetrazione da parte dei collocatori di titoli esteri, abbiamo ritenuto opportuno consentire alle banche italiane di inserirsi nel mercato, partecipando non solo ai consorzi di emissione, ma anche all’amministrazione di fondi comuni esteri e al collocamento di loro parti presso risparmiatori italiani e stranieri”. Con queste parole, nel maggio 1969, l’allora Governatore della Banca d’Italia Guido Carli, nel corso delle sue considerazioni finali, spiegò i motivi che lo spinsero ad appoggiare, nel 1967, l’iniziativa dell’IOS (Investors Overseas Services) di istituire un fondo lussemburghese prevalentemente investito nel mercato italiano (Fonditalia) e dare vita, nel 1968, a Fideuram, la prima società-rete di diritto italiano che portava in Italia il modello degli “agenti” già sperimentato da IOS in Francia e che dava vita al mondo dei promotori finanziari.

Cinquant’anni dopo, Fideuram fa parte del gruppo Intesa Sanpaolo e conta una struttura di 6.050 consulenti finanziari, divisi tra Fideuram, Sanpaolo Invest e Intesa Sanpaolo Private Banking. Ma soprattutto non è più una “mosca bianca” che cerca di introdurre un nuovo modello di business all’interno del mondo bancario, bensì una protagonista di un’industria che oggi viene vista dal mondo bancario come un esempio da seguire: parliamo ormai di un settore, quello della consulenza finanziaria, che gestisce oltre 529 miliardi di euro (fonte Assoreti), conta quasi 56.000 professionisti iscritti all’Albo di categoria (fonte OCF) e “controlla” il 31% dei flussi totali dell’industria dei fondi comuni. 

Quell’industria che nel 1968 nasceva quasi “nell’ombra”, oggi determina i trend del mondo bancario, una crescita che impone a tutti i protagonisti (siano essi “cinquantenni”, “trentenni” o “neonati”) un’assunzione di responsabilità importante. Oggi la sfida non è più, infatti, quella annunciata alla fine degli anni ’60 da Carli, ovvero favorire un equilibrio all’interno dei portafogli degli italiani evitando “le conseguenze nocive derivanti” dal mancato investimento in fondi comuni (di cui esistevano pochi esemplari). La sfida reale è quella ricordata nel mese di giugno 2018 dalla presidente di OCF Carla Rabitti Bedogni: “affermarsi, attraverso l’elevata competenza, la professionalità, l’affidabilità e l’esperienza, quale guida insostituibile verso scelte di investimento adeguate e consapevoli”.  Una sfida che richiede la presenza di attori responsabili, e non più di agenti semplicemente “motivati”, come quelli che fecero la fortuna del modello IOS. Da questa consapevolezza deve partire il nuovo modello di rete, da questa consapevolezza deve partire il nuovo “sessantotto” dell’industria.
 

Tratto dall'editoriale del numero di ottobre di ADVISOR, in edicola in questi giorni

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