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I CF e la sindrome del Botswana

2/5/2019 | Francesco D'Arco

Fiducia. Catena del Valore. Cambiamento. Sono queste alcune delle parole chiave che hanno caratterizzato dal 2014 a oggi le edizioni romane, e “sul territorio”, di ConsulenTia, l’evento ideato da Anasf sei anni fa.


Fiducia. Catena del Valore. Cambiamento. Sono queste alcune delle parole chiave che hanno caratterizzato dal 2014 a oggi le edizioni romane, e “sul territorio”, di ConsulenTia, l’evento ideato da Anasf sei anni fa. Un evento che si è caratterizzato sempre per due ingredienti fondamentali: la presentazione di una ricerca sulle grandi sfide che l’industria della consulenza finanziaria deve affrontare; la capacità di mettere intorno a un tavolo pubblico, contemporaneamente, i manager di tutte le principali reti. Si tratta di due momenti importanti perché permettono, a noi osservatori, di avere un quadro completo del reale sentiment del mercato e, soprattutto, di capire quanto è ampio il divario tra la percezione che abbiamo dello stato di salute dell’industria e la realtà. Non mi riferisco tanto ai numeri di crescita del settore, che sono sotto gli occhi di tutti e innegabili, ma alle riflessioni sulle reali sfide che gli operatori devono affrontare. Pensiamo, ad esempio, ai dibattiti sulle conseguenze della MiFID II sui margini delle reti e/o del singolo consulente: da sempre sono accompagnati dall’allarme di una fuga dei clienti a causa della scoperta di costi che non conoscevano o che considereranno troppo elevati. Gli stessi consulenti temono una reazione negativa da parte dei clienti sul tema costi, perché è una voce considerata fondamentale per la scelta del cf e della banca di riferimento. Una conferma che arriva dalla ricerca “MiFID II, investitori finali e professionisti a confronto”, promossa da iShares e PIMCO, realizzata da FINER Finance Explorer e presentata in esclusiva su questo numero di ADVISOR (disponibile in edicola e in abbonamento): secondo l’indagine i cf sono convinti che uno dei principali motivi che hanno portato i clienti a sceglierli come referente prevalente siano i costi bassi (82%). Eppure, la stessa domanda posta ai clienti ha dato un risultato differente: si ferma al 69% la quota di investitori che scelgono il referente in base al costo. Molto più importante l’affidabilità dell’interlocutore (84%). Bene, direte voi. Peccato che la preoccupazione dei cf sui costi, e la grande enfasi dei media sul tema, abbia portato i clienti a indicare la trasparenza sulle fee come l’impatto più significativo della MiFID II. A guardare questi dati vien da pensare che, per mesi, si sia diffusa una percezione sbagliata (e tendenzialmente negativa) sul peso dato ai costi da parte dei clienti rispetto a tutti gli altri valori della consulenza, ottenendo il risultato di trasformare un’emergenza percepita (e non reale) in un’emergenza concreta. Forse è giunto il momento di spostare i dibattiti dalla teoria ai fatti: la MiFID II è realtà, e reali sono anche i segnali deboli che arrivano dall’economia globale. Ma il mondo della consulenza finanziaria ha una sua solidità e dovrebbe partire da qui per guardare al futuro e presentare soluzioni concrete per rinnovare il modello di business. Dobbiamo spostare i dibattiti dalla percezione alla realtà per non cadere, anche nel mondo della consulenza, nella “sindrome del Botswana” (tendenza ad accostare la situazione che si vive a realtà negative, ndr) che già attanaglia l’Italia.
 

Tratto dall'editoriale del numero di febbraio di ADVISOR, in edicola i questi giorni

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