Tempo di lettura: 5min

Green bond, i tre passi per renderli mainstream

10/28/2019 | Colin Purdie*

Le obbligazioni verdi possono rappresentare un potente strumento per attirare investimenti in progetti ambientali, ma sono necessarie riforme per promuovere un'ulteriore crescita del mercato


Le obbligazioni verdi (o green bond) - strumenti di debito destinati a raccogliere capitali per progetti specifici e rispettosi dell'ambiente - sembrano molto più di una semplice moda. Ma questo mercato emergente deve ancora superare alcune grandi sfide. Da quando, alla fine degli anni 2000, la Banca Mondiale ha emesso i primi green bond, il mercato è cresciuto in modo esponenziale. Secondo la Climate Bonds Initiative, le emissioni totali nel 2019 dovrebbero raggiungere i 250 miliardi di dollari, contro i 36,6 del 2014.

Il caso delle obbligazioni verdi è facilmente giustificabile, in quanto consentono alle aziende ed ai governi di finanziare progetti per combattere il cambiamento climatico. Inoltre, aiutano gli investitori a rafforzare le loro credenziali ambientali, sociali e di governance (ESG). Tuttavia, ci sono importanti problemi che impediscono a queste obbligazioni di diventare mainstream.

Una delle criticità è data dal fatto che i green bond tendono ad essere relativamente piccoli - le dimensioni sono circa cinque volte inferiori all'equivalente "vanilla" più vicino, in media - e predominano gli emittenti con rating AAA, il che limita la scelta per gli investitori. Di conseguenza, le obbligazioni verdi sono meno liquide dei titoli convenzionali con lo stesso rating di credito. Dal punto di vista dell'emittente, i costi legati agli obblighi di reporting richiedono molto lavoro e, uniti alla verifica da parte di terzi, fanno sì che le emissioni sul mercato di obbligazioni verdi possano essere leggermente più costose.

E mentre si presta attenzione alle operazioni di alto profilo altamente sottoscritte, consentendo agli emittenti di ridurre i costi di finanziamento – l’emissione di un green bond da 1 miliardo di dollari da parte del gigante statunitense delle telecomunicazioni, Verizon, a febbraio ne è un esempio lampante - una ricerca di Standard & Poor's ha trovato poche evidenze di un "premio verde" [green premium, ndr] complessivo. In ogni caso, sarebbe difficile per gli investitori giustificare il maggior esborso per dei green bond rispetto ad obbligazioni tradizionali o "brown" dello stesso emittente.

Vi sono anche problemi di lunga data relativi al modo in cui le obbligazioni verdi sono etichettate e definite. Nonostante gli sforzi per standardizzare il mercato, non esiste ancora un quadro definitorio su cui tutti possano essere d'accordo. Nel 2018, sono stati emessi 23,7 miliardi di obbligazioni con “etichette” verdi che non hanno soddisfatto i criteri di selezione della Climate Bonds Initiative, anche da parte di società che gestiscono centrali elettriche a carbone in Cina.

Con gli standard esistenti che tendono a concentrarsi sull'utilizzo dei proventi, e non sulle più ampie operazioni dell'emittente, le compagnie petrolifere e del gas possono legittimamente emettere obbligazioni verdi anche se sono contribuenti netti alle emissioni di carbonio. Nel frattempo, gli investitori non hanno alcuna tutela legale nel caso in cui un emittente si sottragga ai propri impegni ambientali. Per affrontare questi problemi, è necessaria una riforma in tre aree. In primo luogo, i politici dovrebbero incentivare gli investimenti istituzionali in green bond attraverso sgravi fiscali.

Alcuni commentatori sostengono che i governi dovrebbero concentrarsi sul rendere le obbligazioni verdi più accessibili per gli emittenti, riversando l’onere d’acquisto sugli investitori anche se diventano meno attraenti come investimento. Questa non è una soluzione: lungi dall'accrescerne il mercato, i green bond diventerebbero un’asset class di nicchia adatta solo per i fondi specializzati ESG.

Sarebbe meglio incentivare i grandi investitori istituzionali a destinare una quota maggiore dei loro triliardi di dollari di capitale verso i green bond attraverso strutture fiscali favorevoli. I precedenti esistono negli Stati Uniti, dove gli interessi sulle obbligazioni municipali sono esenti da imposte federali; gli USA offrono anche incentivi fiscali attraverso i programmi Clean Renewable Energy Bonds e Qualified Energy Conservation Bonds. In secondo luogo, politica e mercati dovrebbero accelerare i piani per creare un quadro universale per porre fine alla confusione su ciò che qualifica un’obbligazione verde. Le recenti proposte della Commissione europea per un Green Bond Standard a livello europeo sono un passo nella giusta direzione.

Basandosi sui principi dei green bond della Capital Market Association, questo standard richiederebbe una verifica obbligatoria da parte di terzi e il rispetto delle norme sull'utilizzo dei proventi. Anche se l'allineamento sarebbe inizialmente volontario, il sostegno dell'UE dovrebbe equiparare di fatto il rispetto della norma ad un obbligo per gli emittenti, stimolando l'armonizzazione a livello globale.

In terzo luogo, i contratti delle obbligazioni verdi dovrebbero essere accompagnati da migliori garanzie. La maggior parte di questi non contiene disposizioni volte a tutelare gli investitori nel caso in cui un emittente violi quanto promesso, mentre l'incertezza circonda la corretta procedura per gli investitori in cerca di risarcimento. Per attenuare questo rischio, i contratti necessitano di un linguaggio standardizzato che chiarisca la procedura in caso di uso improprio dei proventi dell'operazione. Il linguaggio dovrebbe garantire che gli interessi degli investitori e degli emittenti siano adeguatamente allineati. Anche i meccanismi di risoluzione delle controversie saranno importanti.

Questi tre passi contribuirebbero a stimolare la crescita dei green bond, a far decollare i progetti legati al clima e a far sì che la finanza verde diventi mainstream. Ma gli investitori possono fare di più per combattere il cambiamento climatico.

Esattamente come gli azionisti, gli investitori obbligazionari dovrebbero impegnarsi con tutte le società emittenti e i governi per garantire le migliori pratiche ESG, non semplicemente nelle solitarie strategie finanziate dalle obbligazioni verdi. Solo rendendo i green bond parte di questo più ampio movimento di riconoscimento dell’ESG in tutti gli aspetti della finanza globale, questi diventeranno più di una moda passeggera.

*Colin Purdie, Chief Investment Officer, Credit di Aviva Investors

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?