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29/06/2020
Obbligazionario post Covid-19, puntare sui corporate bond
di Daniele Riosa
Highlights- Calef (Notz Stucki): “Inoltre i convertibili danno la possibilità di catturare parte della performance di un’azione limitando al contempo il rischio di conseguire forti perdite”

Questa crisi improvvisa, oltre a cambiare il nostro modo di vivere, ha influito anche sul modo di approcciare agli investimenti. Giacomo Calef, country manager di Notz Stucki, analizza i cambiamenti relativi all’universo obbligazionario, tracciando una linea netta che distingue la situazione pre e post-Covid-19.
“Prima dello scoppio del Covid-19 – ricorda l’analista - potevamo osservare un restringimento significativo degli spread sull’intero comparto obbligazionario, a seguito di un anno, come quello del 2019, caratterizzato da politiche monetarie fortemente accomodanti, che hanno portato ad una riduzione dei tassi sui finanziamenti, ma, al tempo stesso, ad un aumento importante dello stock di debito globale. Tale contesto riguardava non solo i bond ad alto merito creditizio (Investment Grade), ma anche quelli ad alto rendimento (High Yield), ovvero emessi da società con un maggior rischio di insolvenza. In un comparto in cui la ricerca del rendimento da parte degli investitori era più che assidua, il Treasury americano era uno dei pochi asset che potevano occupare uno spazio importante del portafoglio, sia perché il rendimento era ancora accettabile (al 01/01/2020 il decennale del titolo di Stato USA era pari a 1,9% circa), sia perché assumeva una funzione di hedging a fronte di possibili ribassi di mercato. Noi, prima della crisi, avevamo inserito un Treasury in portafoglio, per perseguire gli scopi suddetti, mentre avevamo limitato fortemente l’esposizione verso gli High Yield”.
Dopo il diffondersi della pandemia, “il crollo verticale dei mercati e dell’economia, ha spinto gli investitori a caccia di liquidità per coprire le perdite, portando un forte allargamento degli spread dei tassi interesse sul comparto obbligazionario. In particolare, si è originato un momento di ‘flight to quality’ verso il governativo, che ha portato i rendimenti dei titoli ritenuti più solidi a comprimersi ancora di più. Ad esempio, si veda il rendimento decennale del Bund, che a inizio anno era pari a -0,19%, ha toccato il minimo a -0,86% nel mese di marzo, e ora è al -0,4% circa. Inoltre, la FED ha azzerato in un batter d’occhio i tassi di interesse, spingendo ancora più in basso i tassi dei Treasury, il cui rendimento decennale, ad oggi, è attorno a 0,7%. Pertanto, in tale contesto abbiamo deciso di limitare l’esposizione verso il governativo, approfittandone per vendere i treasury, e di non cambiare la nostra view negativa sul segmento high yield, in quanto le aziende che avevano già debiti insostenibili sono ancora più a rischio default a causa della crisi”.
"Pertanto – prosegue l’esperto - abbiamo rilevato due possibili soluzioni. La prima, ovvero cercare nuove opportunità nello stesso comparto obbligazionario, come ad esempio i corporate bond, facendo attenzione a diversificare tra emittenti appartenenti a settori ciclici e anti-ciclici, e le obbligazioni convertibili, che danno la possibilità di catturare parte della performance di un’azione, limitando al contempo il rischio di conseguire forti perdite. La seconda, ovvero lasciare da parte l’obbligazionario a favore di strategie long/short, che permettono comunque un adeguato controllo dei parametri di rischio e sfruttano diverse opportunità nell’azionario”.
"In entrambi i casi - conclude Calef - poniamo molta attenzione alla scelta del gestore poiché, in un contesto così incerto, può fare la differenza”.
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