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Crisi Ucraina-Russia: sempre più vicini gli anni Settanta

3/5/2022

Il conflitto è un ulteriore elemento di uno scenario che vede  l'inflazione protagonista indiscussa di un “Road back to 70s” e con una stagflazione che diventa il grande rischio.


“Come ho sostenuto negli ultimi due anni, si arriverà a un forte aggiustamento dell'ordine geopolitico (che implica una maggiore frammentazione), con la fine della globalizzazione e l'emergere della regionalizzazione incentrata su nuove potenze globali”. Pascal Blanqué, chairman Amundi Institute, non usa giri di parole per descrivere lo scenario attuale. Uno scenario che sintetizza con la frase “Road back to 70s”, un ritorno agli anni settanta che, ormai, non è solo inflazionistico. In questo contesto, secondo Blanqué ci sarà tra i vincitori la Cina, “il cui ciclo economico sta guadagnando l'indipendenza dagli Stati Uniti e che vede un ruolo crescente per il renminbi cinese come valuta di scambio nella regione”. E il conflitto Russia-Ucraina è un ulteriore elemento di uno scenario che vede  l'inflazione come protagonista indiscusso di questo “Road back to 70s” e con una stagflazione che diventa il grande rischio per l’economia e i mercati. Soprattutto in Europa.

 

Ne è convinto anche Luca Riboldi, responsabile investimenti di Banor SIM, che in un suo recente intervento afferma che “essendo impossibile prevedere l’esito del conflitto e le intenzioni di Putin, avere un portafoglio con un po’ di hedging su alcuni settori o asset class anti-volatilità è sicuramente la soluzione migliore da scegliere in questo momento storico. L’economia di guerra è un’economia inflazionistica, e il mercato adesso si sta rivolgendo verso i titoli governativi dei diversi Paesi, Italia compresa, che infatti hanno rimbalzato di molto. Bisogna però ricordarci che se siamo in una situazione in cui i costi per i Governi aumentano a causa delle spese militari e l’economia rallenta per via dei forti aumenti nei settore food ed energy, si rischia di entrare in una situazione in grado di impattare su ogni asset class, ossia quella della stagflazione (aumento dell’inflazione con un rallentamento economico/recessione): situazione negativa per i titoli governativi”.

 

Gli fa eco Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos. Anche lui vede un rischio stagflazione proprio per l’Europa: “In queste ore si parla di nuovo (e con maggiore convinzione rispetto ai mesi scorsi)

di stagflazione come esito dello shock da offerta prodotto dalle sanzioni contro la Russia. Gli anni Settanta, che nel 2021 erano stati evocati in mezzo a molto scetticismo da chi li aveva vissuti o studiati, sembrano ancora più vicini ora che una crisi energetica rischia di andare ad aggiungersi al contesto fiscale e monetario strutturalmente inflazionistico creato dalla risposta alla pandemia e alle strozzature dell’offerta determinate dalla deglobalizzazione. E tuttavia, delle due disgrazie che la stagflazione evoca, la stagnazione e l’inflazione, la seconda continua a sembrarci più probabile della prima, quantomeno in America, mentre in Cina non sono alle viste né l’una né l’altra. La stagflazione vera e propria è al momento un rischio per la sola Europa”. Il Road back to 70s è sempre più vicino.

 

 

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