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FED in pausa, le previsioni dei gestori sulle mosse future

11/2/2023 | Daniele Riosa

L’istituto guidato da Jerome Powell lascia i tassi di interesse invariati ai massimi da 22 anni. Il costo del denaro resta fermo in una forchetta fra il 5,25% e il 5,50%


Come pienamente previsto dagli analisti, la Fed si prende una pausa e, per il secondo mese consecutivo, lascia i tassi di interesse invariati ai massimi da 22 anni. Vediamo come i gestori commentano le decisioni prese dall’istituto guidato da Jerome Powell.

Martina Daga, macro economist di AcomeA, spiega che “durante il meeting di politica monetaria la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% - 5.50%. Come da attese, è stata dunque confermata la pausa nel ciclo dei rialzi dello scorso meeting, senza chiudere, tuttavia, a ulteriori rialzi in futuro. Durante la conferenza stampa Powell ha riconosciuto che in questo momento l’inflazione sta scendendo, ma è ancora troppo alta rispetto al target del 2%. Il mercato del lavoro è ancora troppo forte nonostante si riconosca che la domanda e l’offerta di lavoro si stiano lentamente ribilanciando. Anche la crescita economica è ancora troppo forte, con un tasso annualizzato di crescita del Pil, nel terzo trimestre 2023, stimato al 4.9%, anche se le previsioni mostrano un rallentamento nel ritmo di crescita dei prossimi mesi. In questo contesto, il board della Fed vuole procedere con cautela, dopo un ciclo di rialzi finora pari complessivamente a 525 bp e un programma di Quantative Tightening che ha portato alla riduzione del portafoglio titoli detenuto dalla Fed per circa mille miliardi di dollari, e si sta ancora chiedendo se la stance di politica monetaria sia sufficientemente restrittiva. Powell ha dichiarato che è ancora prematuro parlare di tagli”.

Filippo Alloatti, head of (financials) credit di Federated Hermes, mette in luce che “ per gli investitori, oggi il grande interrogativo rimane lo stesso: si sta profilando una recessione negli Stati Uniti o è ancora possibile un ‘atterraggio morbido’?. L'economia globale sta mostrando innegabili segnali di stress legati ai tassi, come l'aumento delle insolvenze nei prestiti al consumo statunitensi, l'impennata dei fallimenti societari in tutto il mondo, mentre le agenzie di rating avvertono di un'imminente impennata delle insolvenze sul debito. I sostenitori della recessione indicano l'attuale stato della curva dei rendimenti, che si è invertita per la prima volta a metà del 2022, come prova dell'inevitabile rallentamento dell'economia; dall'altra parte della medaglia, i solidi dati sull'occupazione e sulla spesa dei consumatori continuano a sfidare i catastrofisti. La storia suggerisce, tuttavia, che qualcosa deve cedere quando la curva dei rendimenti si inverte. Questa situazione si verifica in due scenari: nel caso "toro", i tassi a breve scendono per ristabilire il rapporto logico tra tempo, rischio e denaro; nel caso "orso", i tassi a lungo aumentano. Logicamente, l'opzione "toro" rappresenta un forte indicatore di recessione, soprattutto se le banche centrali attendono che i dati sull'occupazione si deteriorino prima di tagliare i tassi. L’inversione della curva dei rendimenti in fase “orso” tende a inviare agli investitori messaggi più complicati e contrastanti”.

“Un aumento dei tassi a lungo termine - prosegue Alloatti - potrebbe riflettere un'ampia resistenza economica; allo stesso tempo, un'impennata dei tassi a lungo termine potrebbe inasprire ulteriormente le condizioni finanziarie, spingendo potenzialmente un'economia fragile oltre il limite. È però necessario mettere in prospettiva l'attuale volatilità. Le recenti tendenze che mostrano lo stress nel debito delle imprese e dei consumatori rimangono coerenti con un periodo di 'normalizzazione del credito' nel Sistema, dopo diversi anni di profonda ibernazione indotta da una politica di tassi bassi. Naturalmente, gli investitori e le autorità monetarie stanno osservando attentamente i settori potenzialmente vulnerabili alla ricerca di prove di contagio, ma rispetto ai cicli precedenti il sistema macrofinanziario sottostante è molto più equilibrato. Piuttosto che aspettarci una risposta esatta, dovremmo essere pronti a una serie di risultati basati su un'analisi dettagliata dei fatti a disposizione”.

Whitney Watson, co-head e co-cio of fixed income and liquidity solutions di Goldman Sachs Asset Management, rileva che "nonostante l'economia statunitense abbia registrato uno dei trimestri di crescita più forti degli ultimi 20 anni e l'inflazione sia rimasta al di sopra dell'obiettivo, la Fed ha mantenuto la sua politica attuale. L'inasprimento delle condizioni finanziarie, guidato dall'aumento dei tassi di interesse a lungo termine, ha ridotto la necessità di adottare un ulteriore rialzo dei tassi. La tenuta dell'economia non ha impedito il riequilibrio del mercato del lavoro né ha ravvivato le pressioni sui salari e sui prezzi, suggerendo che la disinflazione progredirà e indicando che la Fed probabilmente manterrà invariata la sua politica fino al 2024. Tuttavia, si verificano rischi in entrambe le direzioni. L'aumento delle aspettative di inflazione, dovuto all'aumento dei prezzi del gas, unito alla forte operatività, preserva la prospettiva di un altro rialzo dei tassi. Al contrario, un rallentamento economico più pronunciato, causato dal crescente impatto dei tassi d'interesse più elevati, potrebbe accelerare i tempi di transizione verso un taglio dei tassi".

Secondo James McCann, vicecapo economista di abrdn, "la Fed per la seconda riunione consecutiva è rimasta ferma, alimentando le speculazioni sul fatto che il ciclo di inasprimento sia terminato. Mentre la crescita statunitense continua a sfidare la gravità, la banca centrale osserva con trepidazione gli sviluppi del mercato e nel suo comunicato stampa ha fatto esplicito riferimento all'inasprimento delle condizioni finanziarie. L'aumento dei tassi d'interesse a lungo termine e il crescente stress finanziario rappresentano chiari rischi per l'attività futura e spiegano il motivo per cui la Fed non ha operato alcun rialzo, nonostante gli ultimi dati record su PIL e salari. Tuttavia, la cautela della Fed sarà limitata e se l'attività e l'inflazione dovessero rimanere troppo sostenute nei prossimi mesi, la prospettiva di un ulteriore inasprimento rischia di aumentare, anche se i mercati dovessero continuare a manifestare difficoltà”.

Mark Haefele, chief investment officer di UBS Global Wealth Management, segnala che "mercoledì il Federal Open Market Committee degli Stati Uniti ha votato per mantenere l'intervallo del tasso dei federal funds tra il 5,25 e il 5,5%. La continua incertezza sull'andamento della politica della Fed potrebbe comportare scambi incostanti e range-bound, ma si ritiene che le prospettive per i prossimi sei-dodici mesi per tutte le asset class siano positivi. Per quanto riguarda lo scenario di base, ci si aspetta che la liquidità, le obbligazioni, le azioni e le alternative offrano, nei prossimi sei-dodici mesi e nel lungo periodo, tutti rendimenti ragionevoli. Con il potenziale rallentamento della crescita economica e la moderazione dell'inflazione fino alla fine dell'anno e nel 2024, si ribadisce la preferenza per il reddito fisso di alta qualità, in particolare nella fascia di scadenza tra i 7 e i 10 anni".

Tony Rodriguez, head of fixed income strategy di Nuveen, mette in evidenzia che "le prospettive economiche rimangono sane, con una crescita che rallenta ma non crolla. Questo è ciò che vuole la Fed e dovrebbe essere sufficiente a far scendere l'inflazione fino alla fine dell'anno. Continuiamo a prevedere un sostanziale rallentamento della crescita nei prossimi trimestri, con un tasso di inflazione core a fine anno intorno al 3,5%. Con la Fed che si avvicina alla fine dei rialzi dei tassi e il contesto economico che rimane incerto, è probabile che la volatilità torni a salire. Continuiamo a ritenere che i rendimenti dei Treasury dovrebbero moderarsi e ci aspettiamo che l’inversione della curva rallenti, anche se è probabile che i tassi di riferimento rimangano elevati per qualche tempo".

Secondo Jack McIntyre, portfolio manager di Brandywine Global, parte di Franklin Templeton, "nel complesso, Powell è stato leggermente più aggressivo nel tono e la Fed non è stata del tutto convincente sul fatto che i suoi policymaker abbiano adottato misure sufficientemente severe per portare l'inflazione al 2%. Riteniamo che il quarto trimestre sarà decisamente diverso dagli ultimi tre mesi e siamo più fiduciosi che l'inflazione raggiungerà l'obiettivo della Fed. La tempistica è l'unico problema. Tuttavia, se la Fed continua il ciclo di inasprimento tassi, questo finirà per portare ad una recessione. Gli investitori dovrebbero prendere in considerazione l'acquisto di Titoli del tesoro statunitensi come copertura contro un errore della Fed".

Per Tiffany Wilding, North American economist e Allison Boxer, economist di PIMCO, "il messaggio del presidente Powell ha suggerito che i dati dovrebbero sorprendere nuovamente in positivo per indurre la Fed a un ulteriore inasprimento. Riteniamo che la pazienza della Fed rifletta probabilmente tre fattori: in primo luogo, i funzionari della Fed sembrano ottimisti sul fatto che i miglioramenti dal lato dell'offerta possano contribuire a compensare gli effetti di una domanda persistentemente forte. Powell ha infatti menzionato più volte il significativo aumento dell'offerta di lavoro e i più ampi miglioramenti sul fronte dell'offerta, tra cui la riduzione dei colli di bottiglia. In secondo luogo, come ha dichiarato Powell, i funzionari possono essere pazienti visto che "l'orientamento restrittivo della politica monetaria sta esercitando pressioni al ribasso sull'attività economica e sull'inflazione". A differenza della fase di dipendenza dai dati che abbiamo visto a metà del 2023, quando la strategia di politica monetaria seguiva da vicino gli sviluppi dei dati, i funzionari sembrano ora più pazienti di fronte a dati resilienti, probabilmente perché ritengono che la politica monetaria sia già restrittiva. Questo spiega perché Powell non sia stato più incisivo nel tenere aperte le opzioni della Fed nel caso in cui la resistenza economica degli Stati Uniti dovesse persistere nelle prossime settimane. In terzo luogo, la pazienza della Fed emerge anche nel quadro di un netto inasprimento delle condizioni finanziarie negli ultimi mesi. In effetti, l'indice delle condizioni finanziarie USA di PIMCO (un indice proprietario che sintetizza le informazioni su una serie di variabili finanziarie) ha raggiunto nuovi massimi nelle ultime settimane. Il tono dovish della Fed a novembre potrebbe allentare un po' le condizioni finanziarie. Powell ha comunque osservato che "poiché i cambiamenti persistenti nelle condizioni finanziarie possono avere implicazioni per il percorso della politica monetaria, monitoriamo attentamente gli sviluppi finanziari".

Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS, guarda agli scenari inattesi: "Pensando agli scenari "inattesi", possiamo considerare due fattori che potrebbero indurre la Fed ad alzare nuovamente i tassi nei prossimi mesi. Il primo prevede un eccessivo allentamento delle condizioni finanziarie, per esempio, un calo sensibile dei tassi a lungo termine. Se ciò accadesse, la Fed probabilmente riterrebbe che le condizioni finanziarie si sono allentate forse in modo eccessivo per poter controllare l'inflazione. Oppure potremmo trovarci in una situazione in cui la crescita rimane al di sopra del potenziale e l'eccesso di domanda nel mercato del lavoro non viene corretto. In tal caso, l'inflazione potrebbe trovarsi nuovamente bloccata a un tasso troppo elevato. Per il resto, e nel tentativo di evitare che il mercato inizi a scontare tagli anticipati dei tassi, Powell ha ribadito in più occasioni durante la conferenza stampa che il percorso per "battere" l'inflazione sarà comunque lungo".

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