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Outlook 2024, mercati a rischio volatilità

12/28/2023 | Redazione Advisor

Sonal Desai (Franklin Templeton): “Forse l’ultimo miglio non sarà molto più duro, ma probabilmente vi saranno più alti e bassi di quanto il mercato non preveda attualmente"


“La conferenza stampa dopo la riunione di dicembre della Federal Reserve (Fed) solleva una domanda interessante: perché il presidente della Fed Jerome Powell aveva ritenuto necessario sovralimentare un rally già robusto dei mercati finanziari?” Comincia con questo quesito l’analisi si Sonal Desai, cio di Franklin Templeton Fixed Income.

“I dati rassicuranti sull’inflazione negli Stati Uniti - ricorda il manager -avevano già dato un ulteriore contributo all’ottimismo del mercato prima della riunione, facendo salire notevolmente i prezzi delle azioni e scendere di un intero punto percentuale i rendimenti dei Treasury a 10 anni dal picco quasi del 5% raggiunto a metà ottobre. A fronte di questo scenario, i movimenti fortemente rialzisti avvenuti durante la riunione della Fed e subito dopo la sua conclusione mostrano che le dichiarazioni di Powell erano molto più dovish del previsto. In effetti, il tema conduttore dei commenti espressi da quasi tutti gli analyst è stato che si trattasse di un regalo di Natale anticipato agli investitori. È chiaro che la maggior parte degli analyst e degli investitori si attendevano si attendeva un parere decisamente contrario di Powell in merito alle previsioni di primi tagli dei tassi d’interesse. Invece, nella sessione di domande e risposte con la stampa dopo la riunione sulla politica monetaria Powell è sembrato ignorarlo, sostenendo che dopo le oscillazioni così radicali dei mercati nell’ultimo anno per la Fed sarebbe stato meglio ignorare i movimenti del mercato e concentrarsi sul proprio lavoro”.

Il gestore rileva che “una certa frustrazione a fronte della volatilità del mercato è comprensibile, tuttavia ignorare l’impatto economico delle condizioni finanziarie appare uno sviluppo piuttosto insolito. Poco più di un mese fa, Powell aveva ricordato che un irrigidimento delle condizioni finanziarie trainato dal mercato stava svolgendo una parte del lavoro della Fed nella lotta all’inflazione. La stessa logica implica che il forte rally del mercato dopo la riunione di dicembre aveva annullato una quota rilevante degli sforzi della Fed per un irrigidimento monetario. Eppure Powell aveva deciso di non tenerne conto. È notevole, dal momento che ora le condizioni finanziarie sono tornate al livello del giugno 2022, quando i tassi di riferimento erano appena dell’1,75%. Ciò ha rafforzato la sensazione che secondo la Fed la lotta all’inflazione potrebbe essere stata già vinta. E in effetti, la mia impressione è stata che Powell stesse replicando il ruolo di Marcantonio nel famoso monologo del Giulio Cesare di Shakespeare, che dichiarava vittoria asserendo a gran voce e ripetutamente che non lo stava facendo. Marcantonio affermava “Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo”, per poi proseguire con elogio appassionato dell’imperatore assassinato”.

“Analogamente - spiega il manager - Powell ha ammonito della necessità di un ulteriore progresso sulla disinflazione, e che questi non è assicurato, per poi subito ribadire che la riduzione dell’inflazione è stata più rapida e molto meno dolorosa di quanto generalmente ritenuto, e prevedibilmente continuerà ad esserlo. Ha doverosamente ricordato che non è del tutto svanita la possibilità di altri rialzi dei tassi, ma ci ha detto che l’attenzione del Federal Open Market Committee si è ora già rivolta ai tempi per tagli dei tassi. La Fed ha molto di cui essere orgogliosa, e rallegrarsi. Dopo aver iniziato tardi, ha alzato i tassi rapidamente e con decisione; l’inflazione infatti è scesa più rapidamente di quanto previsto da quasi tutti i forecaster, mentre la crescita e il mercato del lavoro sono rimasti più robusti di quanto la maggior parte degli analyst osasse sperare. In effetti, come Powell ci ha ricordato, quasi tutti gli analyst avevano previsto per il 2023 una caduta in recessione degli Stati Uniti. In Franklin Templeton Fixed Income eravamo sul versante più ottimista dello spettro, sostenendo che anche se vedevamo una recessione, questa sarebbe stata di breve durata e modesta”.

 Adesso ci sono due interrogativi fondamentali: “In che misura l’irrigidimento monetario finora ha contribuito alla disinflazione, e qual è l’impostazione monetaria necessaria per riportare l’inflazione in modo sostenibile nell’ambito del suo obiettivo? La dichiarazione di Powell è sembrata tornare a favore della view di una “inflazione transitoria”; la rapida ascesa dell’inflazione negli Stati Uniti, ha sostenuto, rispecchiava un certo eccesso di domanda, ma soprattutto una combinazione di straordinarie restrizioni dell’offerta. Da allora vi è stata un’inversione, con un aumento dell’occupazione e un allentamento delle restrizioni per la catena di approvvigionamento che consentivano un progresso nella disinflazione senza troppi danni per l’economia".

“Powell - precisa l’esperto - ha inoltre sostenuto all’orizzonte che vi è ancora una certa disinflazione trainata dall’offerta. Ha ammesso che una volta svaniti i fattori favorevoli sul fronte dell’offerta, e quando dobbiamo contare su un contenimento della domanda, l’“ultimo miglio” della disinflazione teoricamente dovrebbe diventare più duro; ma, ha aggiunto, non siamo ancora arrivati a quel punto. Ciò fa pensare a una maggiore fiducia nella possibilità di realizzare la disinflazione prevalentemente con un’attenuazione degli shock legati all’offerta. In questa view, si può sostenere che i rialzi dei tassi fossero stati necessari per prevenire altri aumenti eccessivi della domanda e mantenere ancorata l’inflazione prevista, ma a questo punto il problema non esiste più; con l’equilibrio attuale tra crescita e rischi di inflazione, e qualche segno di indebolimento dell’attività, il focus dovrebbe ora spostarsi su una politica accomodante, per contenere i rischi di recessione. In questo contesto, Powell ha anche rafforzato la sua caratterizzazione di quanto sia restrittiva la politica monetaria, definendola “decisamente in territorio restrittivo. Sarà da vedere che questa maggiore fiducia in quella che potremmo chiamare una “teoria dell’inflazione neo-transitoria” sia giustificata”.

“Il quadro dell’inflazione - continua l’economista - può essere descritto come più o meno rassicurante, a seconda della misura adottata, come avevo ricordato nel mio “On My Mind” precedente: ossia se si considera il Consumer Price Index (CPI) o il Personal Consumption Expenditures (PCE), headline o core, variazione su 12 mesi o mensile annualizzata. La Fed ha puntato a una misura “supercore” di inflazione dei servizi, esclusi alimentari, energia e abitazioni, come particolarmente rappresentativa di pressioni dell’inflazione sottostante. Negli ultimi tre mesi, la misura del CPI supercore è a un tasso annualizzato del 5,2%. Siamo ancora ben lontani dall’obiettivo del 2% della Fed. Anche la crescita dei salari, come ha ammesso Powell, continua ad essere più forte di quanto consentirebbe l’obiettivo dell’inflazione. Considerando un ampio calo dell’inflazione con un’economia molto resiliente negli Stati Uniti, Powell ha sostenuto che ciò giustifica uno spostamento del focus su tagli dei tassi, per contenere i rischi di downside per la crescita”.

Le stesse prospettive macro, “tuttavia, potrebbero aver giustificato allo stesso modo anche un’impostazione molto diversa: la forza dell’economia dimostra che la politica monetaria non è troppo restrittiva, e lascia spazio alla Fed per mantenere più a lungo l’impostazione politica attuale, allo scopo di assicurare che l’inflazione torni nell’ambito del suo obiettivo in modo sostenibile. In effetti gli ultimi dati dell’economia dovrebbero avere messo in guardia da un’inversione conservatrice così aggressiva. A novembre il tasso di disoccupazione è sceso nonostante un aumento della partecipazione; la crescita dei salari annualizzata su tre mesi per i lavoratori non in ruoli direttivi ha accelerato; le vendite al dettaglio hanno superato le previsioni a novembre; il CPI supercore ha accelerato nell’ultimo paio di mesi; e il deficit fiscale statunitense dovrebbe continuare a espandersi nel prossimo anno. Giudicare l’equilibrio tra inflazione e rischi per la crescita nel 2024 è particolarmente difficile. A parte l’incertezza economica di una ripresa post-pandemia, vi è una forte incertezza geopolitica, e per gli Stati Uniti sta per iniziarsi un anno di elezioni politiche. La decisione di Powell di accelerare ulteriormente il rally del mercato quando le condizioni finanziarie erano già diventate notevolmente più accomodanti mi fa pensare che la Fed sia molto più rilassata riguardo ai rischi di inflazione”.

"La mia view - conclude Desai - è che tuttavia questo drammatico accomodamento ulteriore delle condizioni finanziare contribuisca alle possibilità che l’ultimo miglio della disinflazione si dimostrerà effettivamente più duro. Ciò scatenerebbe a sua volta una volatilità più elevata nel mercato. Forse l’ultimo miglio non sarà molto più duro, ma probabilmente vi saranno più alti e bassi di quanto il mercato non preveda attualmente".

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