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Come riconoscere un buon consulente in 5 mosse

2/9/2024 | Daniele Riosa

Per Alessandro Paralupi, direttore generale di OCF, è essenziale valutare le domande che fa, i prodotti che offre, le informazioni che fornisce, l’aiuto che dà per diversificare e la sua costante disponibilità


Come riconoscere un buon consulente? A questa domanda risponde Alessandro Paralupi, direttore generale di OCF. Paralupi, nella newsletter dell’Organismo di Vigilanza e tenuta dell'albo unico dei Consulenti Finanziari,  identifica 5 punti essenziali che riportiamo di seguito.

1. Dalle domande che fa 

Il bravo professionista non è chi parte dai prodotti, o chi esordisce con frasi come: “ho questo buon Fondo”, ma chi parte dal cliente. Non per caso, dal 2016 la dicitura "promotore finanziario” è stata sostituita con consulente, cioè colui che ragiona sulla base delle esigenze del cliente. Facciamo un passo indietro: come sa chi si è già avvicinato al mondo degli investimenti, per investire anche una piccola somma di denaro è necessario compilare il questionario per la valutazione di adeguatezza previsto dalle direttive europee Mifid. È un passaggio fondamentale perché il cliente direzioni le sue scelte su prodotti in linea con la propria situazione economica, le proprie conoscenze, l'esperienza e la propensione al rischio. In questa fase, il consulente dovrebbe essere parte attiva, indagando per conoscere più a fondo il risparmiatore. Più domande porrà, più sarà in grado di proporre prodotti adeguati alla situazione e ai bisogni. Anche per questo, da parte del cliente deve esserci la volontà di condividere informazioni personali, e superare certi tabù.  Al di là delle domande standard, è bene che l'intermediario sappia quali sono le entrate annue, o la situazione familiare, i progetti per figli, ecc. Se sei in procinto di chiudere una convivenza, questo avrà un impatto non indifferente sulle tue finanze, e nella scelta degli investimenti da proporre 
ne va tenuto conto. 

2. Dai prodotti che offre 

È importante che il cliente sappia a quanto ammontano costi e commissioni dei prodotti prodotti proposti, e se la gamma è sufficientemente ampia. In passato si è parlato spesso del fatto che dipendenti di istituti bancari, tendessero a “piazzare” prodotti della banca o di società collegate, non sempre vantaggiosi in termini di costi per il cliente.  Questo scenario è notevolmente cambiato negli ultimi anni, grazie all’osservatorio di vigilanza dell’OCF abbiamo potuto verificare che a livello generale si è capito quanto non sia tanto importante collocare prodotti da cui si ricavano commissioni più alte, bensì soluzioni più vantaggiose per il cliente, che è diventato il vero valore aggiunto. Si è innescata una dinamica concorrenziale tale per cui chi fa consulenza, banche incluse, punta a tenere stretto a sé il cliente, anche vendendogli un prodotto con profilo commissionale più basso, dunque meno remunerativo. Oggi le banche, più che a proporre i propri, tendono a selezionare i migliori sul mercato. Ciò non toglie che l’intermediario ha il compito di illustrare con trasparenza costi e commissioni, così che il cliente possa decidere con consapevolezza. La trasparenza è fondamentale. 

3. Dalle informazioni che fornisce 

Il professionista dovrebbe incoraggiare il risparmiatore a un approccio ragionato alle decisioni e un uso responsabile del proprio patrimonio. Tra gli obblighi di chi lavora in questo settore c'è anche quello di fare educazione finanziaria, dunque non limitarsi alle informazioni sugli aspetti formali, come costo o rendimento di un fondo, ma invitare il risparmiatore a ragionare sul rapporto rischio rendimento, sui suoi orizzonti temporali. Chiedersi, dunque: “questo prodotto è adatto a me? Inoltre, bisognerebbe assicurarsi che il cliente sia conscio del tipo di investimento che sta facendo.  Oggi il vero rischio dei piccoli risparmiatori è l’over confidence, l'atteggiamento secondo cui si crede di avere capito, ma non si ha compreso del tutto su cosa si sta investendo, o si danno molte cose per scontate. Secondo la Consob questo fenomeno interessa il 20% degli investitori italiani. 

4. Ti aiuta a diversificare 

Non puntare tutti i propri risparmi su un unico cavallo, ma suddividerli in diversi panieri, è una delle regole d’oro della finanza: il rischio va diluito spalmando il patrimonio in più settori, aree geografiche, tipologie di investimento, così da potere controbilanciare eventuali perdite. E il consulente si deve preoccupare di questo. Oggi è più semplice, perché esistono strumenti come i fondi di investimento, che consentono di diversificare anche a chi ha piccoli patrimoni, in quanto contengono già nel loro paniere più prodotti di verso tipo. 

5. È sempre disponibile 

Anche dopo avere preso le tue decisioni, chi ti assiste dovrebbe rimanere a disposizione e aiutarti a cambiare rotta in caso di necessità. Per questo, un consiglio da tenere a mente è di informarsi prima ancora di chiudere il contratto per capire se il professionista sarà reperibile anche in futuro e con quali modalità, oppure chiedendo se è possibile una valutazione periodica del patrimonio investito. Se la propria situazione personale cambia, o a mutare è il mercato, il proprio portafoglio va adattato. Oggi grazie alle nuove tecnologie gli investitori sono in grado di seguire da sé l'andamento degli investimenti, ma vanno  avvisati dell'opportunità di contattare il consulente ogni qual volta è utile, a intervalli regolari, o in prossimità della scadenza. 

In fondo ai 5 punti si sottolinea che “la frase che il consulente non deve dire mai: ‘Questo prodotto dà alti rendimenti e ha pochi rischi’. Il prodotto a rischio zero non esiste. Chi desidera avere alti ricavi deve rischiare. Inoltre, se il tuo patrimonio è contenuto, la tua propensione al rischio è bassa, l’intermediario è tenuto a indirizzarti verso investimenti poco rischiosi, quindi a rendimento contenuto. Lo stesso se hai un'ottica di breve periodo”.

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