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Life Style - Orologi da collezione, sogno Vintage

6/21/2016 | Anthony Marquié

Intervista a Aurel Bacs, senior consultant Phillips in Association with Bacs & Russo (*)


L'orologio è, per tutti gli appassionati, molto più di un semplice oggetto. Ma ci sono esemplari che somigliano a delle vere e proprie opere d’arte. E a certe condizioni, possono anche trasformarsi in un buon investimento. AdvisorPrivate ha incontrato Aurel Bacs, senior consultant di Phillips in Association with Bacs & Russo, una delle più prestigiose case d’asta a livello internazionale, per scoprire i segreti di collezionisti e mercanti di orologi rari.

 

È giusto considerare gli orologi da collezione come un potenziale investimento finanziario? Per quale motivo e a quali condizioni?

La risposta potrebbe essere sì e no al tempo stesso. Da un lato, io stesso spero che gli orologi da collezione non siano ridotti al ruolo di puri investimenti economici ma al contrario vengano percepiti come investimenti emozionali ed intellettuali. Non si può negare, del resto, che vari collezionisti abbiano realizzato performance eccezionali con le proprie collezioni, ma spesso questo si è verificato nel caso di professionisti motivati da curiosità e passione autentiche, anziché guidati dall’obiettivo primario di realizzare un ritorno economico. Bisogna anche distinguere gli orologi che definiamo rari - e sono degni di far parte di un museo - da tutti gli altri. Tutto ciò premesso, solo orologi rarissimi e di alta qualità possono essere protagonisti di un aumento di valore importante e sostenibile nel lungo termine.

 

Quali sono i principali trend evolutivi di questo mercato negli ultimi 5/7 anni?

I criteri e le dinamiche del mercato sono gli stessi di 15 o 20 anni fa ma ogni tendenza è amplificata ed accelerata dai progressi tecnici, specialmente digitali. Il tasso zero riconosciuto dalle banche commerciali sui depositi rende palpabile la sensazione che il denaro abbia perso valore ed enfatizza, per contrasto, il pregio degli orologi da collezione. Negli ultimi anni, siamo stati testimoni di record assoluti, non solo nel caso di Patek Philippe ma anche in altri settori e marchi di orologeria, per esempio Omega, Rolex, Vacheron Constantin o Audemars Piguet.

 

Considerando i prezzi raggiunti da alcuni esemplari, c’è il pericolo che siano gonfiati da una bolla speculativa?

Questa è una domanda molto interessante, e personalmente me la pongo almeno una volta al giorno. Spesso mi confronto con altri specialisti del team, collezionisti, mercanti e giornalisti: insomma con tutti gli attori che osservano attentamente il mercato. Sono relativamente tranquillo a questo proposito: abbiamo fatto degli studi per mettere a confronto le performance ottenute a partire dal 2000 in vari settori: arte, automobili da collezione e vini preziosi; nonostante i picchi di valore toccati negli ultimi anni, il mercato degli orologi da collezione si colloca solo in quarta posizione. Per molti anni, ho provato frustrazione nel vedere alcune Ferrari essere vendute a prezzi stratosferici, per decine di milioni di dollari, mentre gli orologi toccavano record più “modesti” di uno, due o tre milioni di dollari. Oggi sono contento che non l’abbiano fatto, perché questo dimostra che il settore ha una dinamica più sostenibile - cene di gala, tapis rouge e stampa affollata fanno meno per noi - nutre meno speculatori ed è un terreno decisamente più battuto da appassionati che conoscono bene il settore: penso quindi che siamo meno esposti al rischio di una forte correzione, in caso di eventuali turbolenze. Se oggi mi chiedessero se il prezzo degli orologi vintage è ai massimi, risponderei di no. Semplicemente perché dopo 30 anni di esperienza ho visto pochissimi esempi di Patek Philippe o Rolex Daytona molto rari; è evidente che non se ne potranno scoprire una cinquantina all’improvviso, domani. La rarità è il futuro: gli orologi vintage non potranno mai essere inflazionati. Al contrario, gli esemplari rarissimi spariranno in collezioni private per essere tenuti e non rivenduti. La prossima generazione di collezionisti farà fatica a trovare sul mercato orologi vintage top di gamma. Vale la pena ricordare che negli ultimi 10 anni la comunità di collezionisti è raddoppiata, il che equivale molto probabilmente al turnover di tutta l’orologeria svizzera. Non è un caso se gli appassionati si rivolgono sempre di più al vintage: garantisce quell’esclusività che, purtroppo - per quanto la si possa apprezzare - l’orologeria contemporanea non può dare. Se è vero che oggi i produttori di orologi producono in funzione della domanda di mercato, devono fare volumi anche per difendere posti di lavoro, per gli orologi vintage vale il ragionamento contrario: sono come i dinosauri. Rischiano l’estinzione.

 

Esistono “mode” che possono alimentare valorizzazioni troppo elevate nonché una volatilità pericolosa per gli investitori?

La stabilità del nostro mercato risiede nell’assenza di speculatori. La nostra missione è anche quella di scoraggiarli dall’investire nel nostro settore, così da farlo rimanere sano, stabile, nel sentiero di una crescita sostenibile. Detto questo, tutti i mercati - e il fenomeno del collezionismo in sé - sono soggetti a varie tendenze. I nostri genitori collezionavano il Barocco, la nostra generazione i mobili del dopo-guerra; nella mia infanzia si collezionavano le automobili degli anni 30 – oggi le sportive degli anni ‘60 o ‘70. La stessa dinamica si ritrova nel settore degli orologi vintage; può essere un fatto culturale: vent’anni fa, non si poteva immaginare di presentarsi in ufficio senza indossare un abito e un orologio in oro, di grande manifattura. Oggi le apparenze, e i codici sociali sono mutati, andrà di moda portare la camicia un po’ aperta, con la recente abbronzatura in vista e al polso un bellissimo orologio da immersione. La grande fortuna del nostro settore è che non trova riscontro solo in alcuni Paesi: abbiamo migliaia di collezionisti in Giappone, California o Kuwait, in Tailandia come a Londra: di conseguenza, non esiste un solo trend, ma diverse tendenze. Se l’orologio da immersione è popolare oggi, ciò non esclude che esemplari in oro realizzati da rinomati artigiani non possano continuare ad attirare i nostri clienti. La volatilità rimane un elemento che ogni collezionista deve accettare: questo settore vive di passioni e come tale può essere effimero, ogni tanto! Alcuni marchi, come Patek Philippe e Rolex, guidano il mercato sia in termini di volumi venduti che di prezzi raggiunti.

 

Conviene continuare a privilegiare questi brand o sarebbe meglio muoversi su altri nomi, i cui prezzi non hanno ancora raggiunto quotazioni elevate?

In ogni settore esistono giganti, “blue chips” che dominano il mercato. Non penso che i criteri da seguire per un collezionista desideroso di proteggere il proprio patrimonio debbano essere legati al peso di un brand sul mercato. Per rivendere un orologio, è preferibile che questo provenga da una grande azienda, conosciuta in tutto il mondo. Penso che ogni collezionista dovrebbe comprare innanzitutto quello che gli piace. Personalmente, posso dire che i miei gusti spaziano molto: apprezzo sia l’orologio da qualche centinaio di franchi, comprato al mercato delle pulci, che l’orologio più sofisticato, prodotto da una grande maison. Ciascuno di noi non dovrebbe focalizzarsi esclusivamente sui criteri economici, puntando sui pezzi più grossi o su quelli che potrebbero aumentare maggiormente di valore, ma semmai lasciarsi andare al cuore. Bisogna cercare il migliore rapporto tra qualità e potenzialità di rendimento, senza mai rinunciare alla qualità. Nel processo di acquisizione di un orologio bisogna ascoltare il cuore quanto la testa. In questo, c’è una grande differenza rispetto al mercato di Borsa: l’investitore comprerà un titolo azionario usando solo la testa, il collezionista dovrà usare necessariamente anche il cuore. [...]

 

(*) estratto dell'articolo pubblicato su AdvisorPrivate N2, marzo-giugno 2016

 

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