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Private equity, crollo della raccolta nel 2023

3/29/2024 | Redazione ADVISOR

Francesco Giordano, partner di PwC Italy e private equity leader: “La mancanza di grandi investimenti nelle infrastrutture e la carenza di debito per le grandi operazioni di buy out sono i principali fattori che hanno caratterizzato il mercato”


Un 2023 da dimenticare per il private equity.  Questo è quanto emerge dai risultati dell’analisi condotta da AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), in collaborazione con PwC Italia – Deals, sul mercato italiano del capitale di rischio.

Raccolta

Nel 2023 la raccolta del private equity e venture capital è stata pari a 3.772 milioni di euro (di cui 2.502 milioni raccolti sul mercato), in calo del 36% rispetto ai 5.920 milioni dell’anno precedente. Gli operatori che nel 2023 hanno svolto attività di fundraising sono stati 35 (49 l’anno precedente). Con riferimento alla provenienza geografica dei fondi raccolti sul mercato, la componente domestica ha rappresentato l’83%, mentre il peso di quella estera è stato del 17%. A livello di fonti, il 21% della raccolta deriva da fondi pensione e casse di previdenza (522 milioni di euro), seguiti dalle banche (13%, 332 milioni) e dai fondi di fondi privati (11%, 270 milioni).

Investimenti

Nel 2023 l’ammontare investito dagli operatori di private equity e venture capital è stato pari a 8.162 milioni di euro, in calo del 66% rispetto all’anno precedente. Il 2022 era stato caratterizzato dal livello più alto mai registrato nel mercato italiano (23.659 milioni), trainato da alcune operazioni di dimensioni particolarmente significative realizzate sia nel segmento dei buy out sia in quello delle infrastrutture. Nel 2022, infatti, erano state realizzate 7 operazioni con equity versato compreso tra 150 e 300 milioni di euro (large deal) e 17 operazioni di ammontare superiore ai 300 milioni (mega deal), per un ammontare complessivo pari a 17.890 milioni di euro (76% del totale). Nel corso del 2023, invece,
sono state realizzati 6 large deal e 4 mega deal, che insieme hanno rappresentato il 36%
dell’ammontare complessivo investito nell’anno (2.927 milioni di euro). Da sottolineare che le operazioni caratterizzate da un ammontare inferiore ai 150 milioni di euro (small e medium deal) hanno attratto 5.235 milioni di euro investiti, rappresentando il secondo valore più alto di sempredopo il 2022 (5.770 milioni nel 2022, -9%, e 4.878 milioni nel 2021, +7%).

Il numero di operazioni è diminuito del 12% attestandosi a 750, rispetto alle 848 dell’anno precedente, trainato anche quest’anno dall’attività di venture capital. Nel dettaglio, nel 2023 il segmento dell’early stage (seed, start up e later stage), dopo alcuni anni di importante crescita, ha mostrato una contrazione del 16% del numero di operazioni (547 nel 2022, contro 458 nel 2023) e del 35% dell’ammontare investito, passato da 1.179 a 762 milioni di euro, anche in questo caso influenzato dal minor peso delle operazioni di maggiori dimensioni. I buy out, con 5.469 milioni di euro e 170 operazioni (10.959 milioni e 185 investimenti nel 2022), si sono classificati al primo posto in termini di ammontare, pari al 67% del totale. 

Da sottolineare che le operazioni di expansion si sono classificate al secondo posto per ammontare investito, pari a 941 milioni, quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente (483 milioni), distribuito su 68 operazioni (+48% rispetto alle 46 del 2022). Gli investimenti in infrastrutture hanno attratto un ammontare pari a 937 milioni di euro, in calo del 91% rispetto all’anno precedente, quando erano stati investiti 10.695 milioni di euro, grazie soprattutto ad alcune operazioni di elevato ammontare. Le operazioni sono state 44 (52 l’anno precedente, -15%). Infine, il segmento del turnaround, dedicato alle imprese in difficoltà, ha mantenuto un ruolo di nicchia, con solamente 6 operazioni e 30 milioni di euro investiti. Con riferimento all’origine geografica degli operatori, rimane elevato l’interesse dei soggetti internazionali per il nostro mercato: nel 2023, infatti, il 64% dell’ammontare complessivo è stato investito da operatori esteri (5.248 milioni).

“Dopo un biennio eccezionale per ammontare investito, soprattutto con riferimento al comparto delle infrastrutture, nel 2023 si osserva un calo delle grandi operazioni” dichiara Innocenzo Cipolletta, Presidente AIFI. “L’Italia si conferma però attrattiva nel segmento del mid market, composto da imprese eccellenti; è quasi raddoppiato l’expansion, +95%, segno che le aziende possono trovare nel private equity uno strumento valido per crescere e internazionalizzarsi”.

“In linea con il contesto internazionale anche il mercato italiano nel 2023 mostra una contrazione di tutti i principali indicatori” ha sottolineato Francesco Giordano, Partner di PwC Italy e Private Equity Leader. “La mancanza di grandi investimenti nelle infrastrutture e la carenza di debito per le grandi operazioni di buy out sono i principali fattori che hanno caratterizzato il mercato 2023. Negli ultimi mesi si nota una inversione di tendenza che fa ben sperare per il 2024. Sempre molto forte l’interesse degli operatori internazionali che continuano ad investire ed avere presenza stabile nel nostro paese con team dedicati”.

A livello settoriale, il 2023 ha visto al primo posto per numero di investimenti il comparto Ict, con il 27% delle operazioni totali, seguito dai beni e servizi industriali, 17%, e dal medicale, 14%.

A livello geografico la regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è la Lombardia con il 45% del numero degli investimenti in Italia, seguita da Lazio (9%) e Toscana (8%).

Disinvestimenti

Nel 2023 l’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 1.730 milioni di euro, in calo del 61% rispetto ai 4.398 milioni dell’anno precedente. Il numero di exit è stato pari a 99, -15% rispetto alle 117 del 2022. Il canale maggiormente utilizzato per i disinvestimenti in termini di numero è stato la vendita ad un soggetto industriale, con 37 exit (37% del totale), mentre in termini di ammontare la vendita ad un
altro operatore di private equity ha rappresentato il canale di disinvestimento preferito (776 milioni di euro), con un’incidenza del 45%.
 

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