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La finanza alternativa può salvare le imprese. Ecco perché

9/30/2019 | Daniele Riosa

Bolognini (Workinvoice): "Meno prestiti alle aziende, così le piattaforme fintech stanno prendendo piede"


L’economia italiana stenta a crescere e deve ripartire senza il supporto del credito bancario. È possibile? Vi sono alternative disponibili? Fabio Bolognini, co-founder di Workinvoice, spiega che “le imprevedibili giravolte della politica oscurano al momento importanti quesiti economici e finanziari della macchina Italia. Il dato è di un sistema bancario che continua a contrarre i prestiti alle imprese: altri 45 miliardi in meno negli ultimi 12 mesi, 84 miliardi in meno da gennaio 2018, una riduzione complessiva del 26% dal 2011. È vero che sui 45 miliardi evaporati poco più della metà erano prestiti in sofferenza ceduti e cancellati formalmente dai bilanci delle banche, ma concretamente il credito buono non ha rimpiazzato quello cattivo. E così sembra debba continuare per i prossimi anni”.

Se le banche mostrano sempre minore interesse verso la concessione di credito, può la finanza alternativa, affacciatasi in Italia da qualche anno, sostituirsi alle banche e accollarsi il peso di sostenere finanziariamente le imprese? “La domanda è attuale per due motivi. Il primo è che il trend viene dall’estero: nel Regno Unito, dove sono decollate anni prima, le piattaforme FinTech riforniscono circa un quarto del fabbisogno delle piccole e medie imprese locali e hanno campo libero perché le principali banche non fanno grande resistenza. Anzi in alcuni casi (Barclays–MarketInvoice) si sono arrese a indirizzare una parte dei clienti verso il fintech, e l’84% delle banche in UK si sono dichiarate pronte a partnership. Il secondo motivo è che la finanza alternativa e il fintech italiano non sono più un oggetto misterioso, hanno acquisito reputazione dopo qualche anno di sperimentazione”.

 “Prima di tutto – sottolinea l’esperto - uno dei due propulsori della finanza alternativa, la liquidità di investitori istituzionali, deve rimanere stabile e crescente. Ipotesi probabile se i rendimenti degli asset tradizionali resteranno negativi o vicini allo zero e la politica monetaria della Banca centrale europea (Bce) accomodante. Fondi pensione e altri asset-manager internazionali hanno promesso rendimenti che oggi arrivano solo in presenza di maggiore rischio oppure di strumenti non completamente liquidi e poco testati. La finanza alternativa offre invece rendimenti interessanti, pertanto attira una fetta sempre maggiore di liquidità.

Il secondo propulsore, “la tecnologia, resterà un fattore di vantaggio per il fintech verso il sistema bancario tradizionale, che non ha il coraggio (o la possibilità) di disfarsi di infrastrutture informatiche talmente rigide da rallentare l’introduzione dei progetti di digitalizzazione. Il sistema bancario lotta anche con spinte interne che orientano la digitalizzazione molto più al risparmio di costi che alla ricerca di soluzioni per i clienti, come indicato da molti recenti studi”.

“Un terzo fattore in grado di cambiare equilibri e destini - prevede Bolognini - è la possibile virata nella politica di prezzi praticata dalle banche. I bilanci bancari, semestre dopo semestre, presentano cali di volumi e di redditività. Prestare denaro alle imprese sane ma con tassi troppo bassi (spesso in zona 1%) è scelta discutibile sia per l’effettivo costo del rischio/capitale sia per la salute del bilancio. Le banche potrebbero abbandonare questa illusione e rinunciare a una concorrenza autolesionistica. In questo caso la salita degli spread ai livelli richiesti oggi dai fondi che sottoscrivono i bond e minibond delle corporate italiane aprirebbe spazi di manovra maggiore per la finanza alternativa”.

L’analista spiega che per “il cambiamento servono vere partnership. Il rapporto tra grandi banche e piccole fintech si gioca su progetti di vera o finta collaborazione, che possono determinare cambi di velocità e prospettive importanti per entrambi i fronti. Se le banche si limiteranno a curiosare e sfiorare con diffidenza i piccoli droni della finanza alternativa, faranno pochi progressi verso quella ridefinizione dei loro modelli di business, sollecitata persino dalla Banca d’Italia. Se, invece, come noi di Workinvoice sosteniamo da tempo, opteranno per vere partnership, potranno aumentare la velocità di cambiamento e alla fine del percorso servire meglio i clienti. Per ipotizzare un futuro ideale di finanza tradizionale (banche) e finanza alternativa che collaborano attivamente occorre un cambio di passo”.

Quindi, conclude il co-founder di Workinvoice, “il ritardo nel cambiamento serve solo a creare spazi per nuove banche, soprattutto estere, convinte che tecnologia avanzata e modelli ibridi specializzati in solo poche attività producano i ritorni sul capitale che le banche tradizionali si sono dimenticate. Un’ipotesi credibile sulla carta, che tuttavia deve ancora essere dimostrata su cicli economici più lunghi e con strutture molto più pesanti rispetto alle agili fintech. L’impressione è che, a differenza del passato, l’intero settore finanziario presenti oggi più punti di domanda che certezze. Scompare la foresta pietrificata, ma non sappiamo ancora da quale giardino sarà sostituita”.

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