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Elezioni USA, la settimana del mercato

9/15/2020 | Lorenza Roma

Dai dati comunicati in settimana sono arrivati segnali contrastanti. La view di T. Rowe Price


La scorsa settimana, la mancanza di progressi sul nuovo pacchetto di stimoli sembra aver pesato sul sentiment degli investitori, preoccupati dalle crescenti pressioni finanziarie su Stati e amministrazioni. Nella giornata di giovedì, i Repubblicani hanno portato al voto in Senato la proposta di un pacchetto ridotto di stimoli da 300 miliardi di dollari, ma l’iniziativa è stata bloccata dai Democratici, che a maggio avevano approvato alla Camera un pacchetto dieci volte più consistente. Nelle giornate precedenti, invece, a pesare sui mercati sono state le notizie negative provenienti dal fronte coronavirus, con una grande multinazionale farmaceutica che ha dovuto interrompere la sperimentazione di uno dei più promettenti vaccini contro il Covid-19.

 

Guardando il contesto macroeconomico, invece, di dati comunicati in settimana sono arrivati segnali contrastanti", spiegano gli esperti di T. Rowe Price. Giovedì, il Dipartimento del lavoro ha indicato che le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione sono rimaste stabili a 884mila unità, deludendo le stime di consensus, che si attendevano un calo. Anche le richieste continuative sono cresciute inaspettatamente, mettendo a segno la prima risalita da metà di luglio. A battere le attese, invece, è stata la creazione a luglio di nuovi posti di lavoro, oltre alle stime preliminari sulle vendite al dettaglio. Anche la fiducia delle piccole imprese (misurata con il NFIB Small Business Optimism Index) è salita inaspettatamente ad agosto dopo il calo del mese precedente. E lo steso è stato per i dati sull’inflazione diffusi venerdì che hanno segnato sempre ad agosto un rialzo su base mensile dello 0,4%. Un risultato che è frutto in parte del balzo dei prezzi delle auto usate – il maggiore in oltre cinque decenni –, visto che gli americani stanno cercando di evitare mezzi di trasporto pubblici e aerei.

 

Per quanto riguarda il mercato azionario, l’indice S&P 500 ha chiuso la settimana in calo del 2,5% (+5,1% da inizio anno), facendo quindi segnare un ulteriore ritracciamento dai recenti massimi storici. A pesare è stata soprattutto la condizione di ipervenduto di Wall Street a seguito del recente rally. In particolare, le vendite hanno penalizzato soprattutto il Nasdaq, che ha accusato un calo del 4,1% (+22,2% da inizio anno) che lo ha portato distante di oltre il 10% dai record raggiunti lo scorso 2 settembre. Le azioni tecnologiche sono state tra le più deboli anche all’interno dell’indice S&P 500, al pari dei titoli energetici che hanno sofferto a causa della discesa dei prezzi del petrolio, tornati sotto i 40 dollari al barile per la prima volta da luglio, in parte a causa della decisione dell’Arabia Saudita di abbassare i prezzi per alcuni clienti. Le piccole società del settore “material”, invece, hanno sovraperformato il mercato, mentre i titoli industriali sono sono mostrati resilienti. L’indice Russell 1000 Growth è sceso del 3,5% (+21,2% da inizio anno), il Russell 1000 Value dell’1,5% (-10,7% da inizio anno) e il Russell 2000 del 2,5% (-9,2% da inizio anno).

 

Il rendimento del Treasury decennale ha chiuso la settimana in leggero calo allo 0,67% (dal precedente 0,72%), in parte a causa dello stop alla sperimentazione del vaccino contro il Coronavirus. Il mercato primario dei bond investment grade è stato particolarmente vivace, con i volumi di emissione che hanno superato le attese. La maggior parte dei “new deal” sono stati accolti con favore, grazie anche alla forte domanda proveniente dagli investitori asiatici. La tensione nelle relazioni Usa-Cina e alcune notizie negative sulla Brexit hanno tuttavia contribuito di tanto in tanto ad attenuare la propensione al rischio. Il calendario del primario ha monopolizzato l’attenzione anche nel mercato high yield e ha guidato gran parte delle attività di vendita, visto che gli investitori hanno cercato di monetizzare per acquistare le nuove emissioni. La debolezza dell’azionario ha però pesato sul settore, con i fondi high yield che hanno registrato deflussi importante. Sul fronte delle notizie più strettamente attinenti al credito, uno dei primi retailer di abbigliamento statunitensi che aveva dovuto fare domanda di ammissione al Chapter 11 a causa degli effetti della pandemia è riuscito a uscire dalla procedura concausale dopo aver completato il suo piano di ristrutturazione.

 

 

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