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FED, riunione all’insegna dei falchi. Le previsioni dei gestori

6/14/2022 | Daniele Riosa

Il board si riunirà come sempre martedì e mercoledì e al termine della due giorni interverrà in conferenza stampa il presidente Jerome Powell


Riflettori puntati sulla riunione della Federal Reserve il cui board si riunirà come sempre martedì e mercoledì. Vediamo le previsioni dei gestori sull’esito del meeting.

Per Gero Jung, chief economist, Mirabaud AM, “i dati sull'occupazione di maggio sono in linea con uno scenario ideale per la Federal Reserve: raggiungere un atterraggio morbido dell'attività economica, evitando una recessione. Infatti, gli ultimi dati di maggio mostrano che, mentre il livello di occupazione rimane elevato, insieme a un aumento del tasso di partecipazione alla forza lavoro, la disoccupazione resta su livelli bassi e stabili, mentre la crescita dei salari sta rallentando. Analizzando i dati sull'occupazione, notiamo che gli aumenti mensili di quasi 400 mila posti di lavoro indicano un ritmo di creazione dei posti di lavoro quasi doppio, in media, rispetto ai livelli pre pandemia. Inoltre, l'aumento del tasso di partecipazione alla forza lavoro è incoraggiante, perché dimostra che l'offerta sta aumentando. In particolare, il tasso di partecipazione dei lavoratori della ‘prima fascia di età’, tra i 16 e i 64 anni, è salito al 74,4% (vicino ai massimi pre-pandemia). Nel complesso, i dati sono in linea con il nostro scenario che prevede altri due rialzi di 50 punti base da parte della Fed, che passerà a un ritmo più graduale di rialzi di 25 punti a partire da settembre”.

Allison Boxer, US economist di PIMCO, ricorda che “i dati di venerdì sono stati forieri di diverse cattive notizie per la Fed e sono risultati coerenti con le nostre aspettative che la prossima riunione sarà all'insegna dei falchi. Ci aspettiamo un aggiornamento significativo delle proiezioni sui tassi di interesse e che il presidente Powell appaia molto più risoluto a fare tutto il necessario per combattere l'inflazione rispetto alla riunione di maggio. La nostra previsione di base è che la Fed aumenti i tassi di 50 pb questa settimana e cerchi di preparare il terreno per la possibilità di un rialzo di 75 pb a luglio; ma, se il mercato prezza un rischio maggiore di 75 pb nei prossimi giorni, pensiamo che questo darà alla Fed l'opportunità di essere più aggressiva mercoledì. Ci aspettiamo che il presidente Powell sfrutti la conferenza stampa per lasciare intendere che rialzi più consistenti sono di nuovo sul tavolo e che non rallenteranno a settembre. In prospettiva, un'inflazione più vischiosa si sta traducendo in un front loading della politica della Fed ancora più aggressivo che crea un serio rischio di eccessivo irrigidimento e, in ultima analisi, un maggiore rischio di ribasso per le nostre prospettive di crescita che sono già in fase di stallo”.

Franck Dixmier, global cio fixed income di Allianz Global Investors, ricorda che “l'inflazione statunitense a maggio ha sorpreso nuovamente al rialzo, con il CPI all'8,6%1 contro l'8,3% previsto e il CPI core al 6% contro il 5,9% atteso. In questo contesto, la Fed non ha altra scelta se non quella di continuare ad agire con forza e rapidità e non può permettersi di essere compiacente rispetto al suo mandato fondamentale di stabilità dei prezzi. La tenuta dell'economia statunitense le lascia spazio di manovra; il mercato del lavoro americano continua a essere dinamico, con i 390.000 posti di lavoro creati a maggio che hanno superato le aspettative. Riteniamo quindi che la Federal Reserve debba annunciare un rialzo dei tassi sui Fed Funds di 50 pb, in una fascia compresa tra l'1,25% e l'1,50% e confermare un aumento analogo a luglio, in una fascia compresa tra l'1,50% e l'1,75%. Il presidente Jerome Powell ha recentemente sottolineato che "la cosa principale è far scendere l'inflazione”. Nel desiderio di inviare un messaggio chiaro in linea con le dichiarazioni di Powell, la Fed potrebbe anche indicare la possibilità di un altro aumento di 50 pb a settembre per contenere le aspettative di inflazione. Al 10 giugno, l'inflazione forward swap 5Y5Y è al 2,80%4, al di sopra dell'obiettivo della Fed. Il messaggio della Fed è stato finora ben recepito dai mercati. Le aspettative di tre rialzi di 50 pb seguiti da altri due di 25 pb da qui a dicembre sono coerenti con il desiderio dichiarato della Fed di raggiungere rapidamente il tasso neutrale. D'altro canto, se il 15 giugno Jerome Powell dovesse delineare la necessità di andare ben oltre il tasso neutrale, stimato tra il 2,25 e il 2,50%, i mercati potrebbero reagire negativamente, portando a una maggiore tensione sulle aree a breve e medio termine della curva. La correzione sui tassi a lungo termine non sarebbe quindi finita”.

Marco Oprandi, head of cross asset solutions di Cirdan Capital, crede che “il Federal Open Market Committee (FOMC), organismo della Banca centrale americana la cui funzione sarebbe principalmente quella di influenzare la disponibilità ed il costo del denaro, stia mettendo in atto una politica ‘aggressiva’ volta a contrastare bruscamente il rampante livello inflazionistico. Per questo, riteniamo che la FED annuncerà l’aumento dei tassi d’interesse di +50 punti base al meeting di domani, 15 giugno, e altrettanti +50 punti base al meeting di metà luglio. Sebbene con il passare dei mesi estivi il mercato si aspetti una riduzione dell’inflazione, reputiamo che questo possa accadere a causa di eventi ‘nocivi’, come la riduzione della crescita del PIL americano, dell’occupazione e la crescita degli stipendi. Malgrado il panorama inflazionistico preveda una ‘discesa inflazionistica’ all’orizzonte, a seguito delle ultime dichiarazioni di Jerome Powell, presidente della FED, crediamo che quest’ultima manterrà una politica aggressiva e quindi che vi sarà un ulteriore aumento dei tassi per +50 punti base anche per il mese di settembre. Totalizzando così +150 punti base entro settembre 2022”.

François Rimeu, senior strategist di La Française AM, si aspetta che "il FOMC alzerà la fascia obiettivo dei federal funds all'1,25%-1,50%. Jerome Powell proseguirà con la politica rialzista fino a quando il comitato non vedrà prove convincenti di un rallentamento dell'inflazione, dunque si procederà con un rialzo anche a luglio. In caso di un’ulteriore corsa dell’inflazione, riteniamo che il presidente Powell non escluderà un aumento di 75 pb in futuro. Prevediamo che il punto mediano per quest'anno mostri revisioni al rialzo al 2,875% che riflettano 50 bps in luglio e settembre seguiti da continui aumenti dei tassi di 25 pbs fino alla fine dell'anno. Per il prossimo anno prevediamo altri tre rialzi (25 pb) al 3,625%. Per il 2024, ci aspettiamo che il punto mediano rimanga invariato al 3,625%: non ci aspettiamo, dunque, un taglio dei tassi, nonostante alcuni lo prevedano. Allo stesso tempo, secondo le nostre previsioni non ci saranno cambiamenti sul tasso terminale al 2,5%. Per quanto riguarda le nuove proiezioni economiche, ci aspettiamo una correzione sulla crescita del 2022, dal 2,8% al 2,3%, stesso discorso per i successivi due anni: dal 2,2% all'1,8% nel 2023 e dal 2,0% all'1,9% nel 2024. Prevediamo che la commissione riveda le previsioni per l'aumento dell'inflazione (Personal Consumption Expenditure, PCE): dal 4,3% al 5,4% nel 2022 e dal 2,7% al 2,9% nel 2023. Non prevediamo una revisione del dato sull'inflazione del 2024".

Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, prevede che "nella giornata di domani la Fed è pronta a definire un altro rilevante aumento dei tassi. I dati molto negativi sui prezzi pubblicati venerdì aumentano la probabilità di un aumento pari a 75 punti base, senza precedenti negli ultimi 40 anni, anziché pari ai 50 punti base ampiamente attesi, poiché l'inflazione probabilmente rimarrà ostinatamente alta nei prossimi mesi ed i rapidi aumenti dei prezzi non si limitano all'energia ma sono ampiamente diffusi. Un altro aumento di 50 o 75 pb è quasi certo anche per luglio. Eppure, la determinazione della Fed ad agire in modo rapido e deciso sui tassi dovrà tenere conto del fatto che iniziano a manifestarsi crepe nei settori dell'economia più sensibili ai tassi, come l'edilizia: inoltre le indagini sulle imprese, soprattutto per il settore manifatturiero, indicano un sostanziale decelerazione dell'attività sulla scia dell'incertezza, dell'aumento dei prezzi degli input e dell'indebolimento della domanda mondiale. Ciò pone alla Fed un compromesso ancora più difficile tra combattere l'inflazione ed evitare di spingere l'economia in recessione. Riteniamo che ciò porterà a un ritmo più lento di inasprimento a partire da settembre, quando prevediamo un aumento del tasso di 25 pb, e per il resto dell'anno".

Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, pensa che “gli scenari che saranno votati in questa due giorni di meeting dai banchieri centrali statunitensi sono: A) continuare con il sentiero prefissato per giugno con un aumento di 50 bps utilizzando toni molto da falco per le prossime riunioni con possibili aumenti di 75 bps in caso di mancato allentamento delle pressioni inflazionistiche, B) essere falchi da subito rialzando il costo del denaro di 75 bps portandoli al nuovo range di 1,50%-1,75%. Tenendo conto dei dati sull’inflazione e sulle aspettative di inflazione ci aspettiamo che lo scenario di un aumento significativo del costo del denaro negli Stati Uniti sia al momento quello più probabile (incremento di 75 punti base a 1,50%-1,75%. A differenza dell’inflazione in Europa dominata dalle dinamiche dell’offerta, negli Stati Uniti le pressioni arrivano sia dall’offerta che dalla domanda. Al momento la priorità della banca centrale è tornare ad avere il controllo sull’inflazione, perso negli scorsi mesi a causa di errori di valutazione da parte dei banchieri centrali del FOMC sulla temporaneità delle pressioni inflazionistiche”.

Secondo Gergely Majoros, membro del comitato Investimenti di Carmignac, “la Fed ha essenzialmente due strategie: può optare per una maggiore incisività questa settimana, se necessario spaventando i mercati prima e riparando i danni in seguito, oppure può essere più morbida, ma mettendo sul tavolo tutte le opzioni disponibili per il futuro, con un approccio simile a quello osservato nel meeting di febbraio. In questo contesto, gli investitori si trovano di fronte a un dilemma sempre più pressante: da un lato, l'inasprimento già annunciato ha iniziato a portare i rendimenti obbligazionari in territori interessanti. Ad esempio, il rendimento dei Treasury a 10 anni ha raggiunto il 3,3%. Se si sottraggono le aspettative di inflazione di circa il 2,7% (break-even a 10 anni), ciò si traduce in un rendimento reale positivo di circa lo 0,6%. D'altra parte, la visibilità sulla dinamica dell'inflazione di qui in avanti e quindi sull’orientamento futuro della Fed è ancora molto bassa. La volatilità estrema dei mercati dei tassi potrebbe impedire a molti investitori di avviare un'esposizione long sui mercati dei Treasury statunitensi. Considerato il notevole inasprimento già prezzato, che a sua volta dovrebbe continuare ad aumentare la probabilità di una recessione USA nel 2023, a nostro avviso i mercati dei tassi si sono certamente avvicinati al loro punto di inflessione. Di fronte a tale incertezza, una cosa su cui tutti possono concordare è che il decisivo ritorno dell'inflazione renderà il lavoro della Fed, e dei suoi osservatori, molto più impegnativo di quanto non sia stato negli ultimi 10 anni”.

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