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Avete mai visto un vero Private Banking?

3/30/2024 | Art-Noc*

Dal punto di vista della terminologia si è creata (volutamente) un po’ di confusione: la mia sensazione è che al cliente “medio” si sia rifilato solo un nome più blasonato.


Negli ultimi anni (10/15) si è assistito ad una netta ridefinizione della segmentazione dei clienti bancari. In genere la maggior parte degli istituti di credito ha creato almeno un segmento “private” e spesso anche un segmento più elevato, dedicato agli HNWI, ovvero le persone molto abbienti con grandi patrimoni.

Dal punto di vista della terminologia si è creata (volutamente) un po’ di confusione: quello che un tempo era il segmento “affluent” (clienti con discreta ma non elevata patrimonializzazione) nella maggior parte degli istituti viene ora chiamato “private banking”, con la chiara intenzione di dare lustro e attenzione ai clienti, ma se si guarda con attenzione ai servizi offerti in termini di qualità e quantità si capisce immediatamente che non si tratta assolutamente di un vero “private banking”. Intendo dire che le soglie di accesso sono molto basse, la quantità e la qualità dei servizi sembrano decisamente standard e non personalizzate. Ma i costi complessivi no, quelli sono più elevati in media, rispetto ad un normale rapporto bancario.

Ma come si chiama allora il vero Private Banking, quello dove il cliente è davvero al centro dell’attenzione, i servizi sono personalizzati, specifici e diversificati? Spesso nel nome del servizio compare la parola “Wealth”, anche se qualche istituto continua a chiamare (propriamente) il servizio “Private Banking”.

In questi contesti le soglie di accesso sono davvero elevate, di norma non basta un milione di Euro di disponibilità per accedere; si punta con decisione al cliente imprenditore e si cerca di offrire ad esso anche tutto lo spettro dei servizi alla sua impresa, oltrechè alla sua famiglia. Da questa prospettiva le banche grandi, internazionali e con ramificazioni nell’investment banking sono competitivamente meglio posizionate poiché sono già naturalmente preparate al cliente “corporate”. E talvolta non si nota differenza rispetto all’approccio dei family office (o i servizi si integrano).

E’ chiaro che tanti anni di tassi bassi hanno sviluppato un particolare appetito per il margine da servizi ed è questo il motivo per cui la diversificazione e la specializzazione dei servizi (ed il relativo pricing) sono le nuove arene per i competitor.

Ma tornando per un istante al segmento più basso cosa osserviamo? Descrivevo nel mio articolo “Filiali deserte” l’assoluto disinteresse delle banche in genere al piccolo cliente, poiché poco o per nulla remunerativo e conteso quasi solo da chi sa fare “banca virtuale” digitale a costi bassissimi. Per il resto la mia sensazione è che al cliente “medio” si sia rifilato solo un nome più blasonato per il servizio (Private Banking), servizi standard e costi più elevati. Insomma una mezza fregatura.

Da questo punto di vista rimango davvero stupito quando leggo le statistiche ufficiali relative al grado di soddisfazione dei clienti bancari, di norma molto elevata. E mi chiedo: avete mai visto un vero Private Banking?

 

* ART-NOC è lo pseudonimo di un esperto manager italiano che da oltre 25 anni lavora nell'industria finanziaria internazionale e non ha mai smesso di osservarla con curiosità e con un approccio costruttivamente critico. I pareri contenuti negli articoli a firma ART-NOC sono espressione dell’opinione personale e indipendente dell’autore.

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